LE PRECAUZIONI DEL CASO

È il 26 aprile del 1949, una bella giornata di sole a Praia a Mare. L’uomo che nel primo pomeriggio bussa alla caserma dei Carabinieri è il quarantaduenne medico Osvaldo Romito, che esercita la professione nel limitrofo comune di Tortora. Chiede di parlare con il comandante, il Maresciallo Eugenio Vairo, che lo riceve subito e gli chiede il motivo della visita. Il dottor Romito gli racconta qualcosa che lo fa restare a bocca aperta per la sorpresa:

– Stamattina si è presentato a me in Tortora tale Michele Sollazzo, contadino, e mi ha raccontato che verso la fine di marzo, trovandosi a Diamante a casa di Salvatore Magurno, questi gli propose di guadagnarsi la somma di trecentomila lire per uccidermi

– Cosa? – gli fa il Maresciallo.

– Si, per uccidermi – conferma Romito, che continua – secondo le proposte fatte al Magurno stesso dalla signorina Ida Magurno, sua cugina. Quella stessa sera, nell’abitazione di Salvatore Magurno, il Sollazzo ebbe un abboccamento con la signorina Magurno, la quale gli propose di venirmi ad uccidere in Tortora, dietro compenso di trecentomila lire, che poi si sarebbe incolpata lei stessa del delitto commesso. La signorina stessa disse ancora a Sollazzo che gli avrebbe fornito una pistola o delle bombe a mano per commettere il delitto. Ha precisato inoltre che questo delitto doveva essere consumato in breve tempo, altrimenti si sarebbe accordata con altri. Sollazzo, dietro consiglio di amici, non accolse l’istigazione e stamane è venuto a riferirmi quanto ho raccontato, affinché prendessi le precauzioni del caso.

– Ma perché la signorina Ida Magurno vi vorrebbe morto?

Non è la prima minaccia che ricevo dalla Magurno… nel 1940, e precisamente il giorno del sabato santo, fui dalla stessa minacciato a mano armata di pistola e corsi il rischio di essere sparato se io personalmente e mio cognato non avessimo fatto in tempo a toglierle dalle mani la pistola, carica con sei colpi. Per questo vi fu pure pendente un procedimento penale che poi non ha avuto seguito per l’amnistia… nel 1947 provvidi a far diffidare la Magurno, ma lei continuò a minacciarmi per lettera, alcune delle quali ancora conservo… figuratevi che una delle tante lettere minatorie che mi spedì, pervenne alla stazione dei carabinieri di Mistretta, prima che io sposassi in quel luogo. Questa lettera fu poi fatta pervenire ai Carabinieri di Diamante

– Si, va bene, ma non avete ancora detto perché vi vorrebbe morto…

– Eravamo fidanzati…

Questo potrebbe spiegare tutto.

Il Maresciallo Vairo comincia a indagare partendo dalle carte presenti in caserma. Il cinquantaquattrenne Salvatore Magurno, per il suo ricchissimo e variegato certificato penale, è ritenuto capace, a scopo di lucro, di commettere qualsiasi delitto abusando dello stato d’animo della Magurno Ida, rimasta delusa per il recente matrimonio del dottor Romito, suo ex fidanzato. Michele Sollazzo, ventiquattro anni da Verbicaro, non è da meno a causa dei suoi molti precedenti per reati contro il patrimonio.

La prima cosa da fare è scambiare quattro chiacchiere con la trentanovenne signorina Magurno.

Non è vero che ho proposto a questo Michele Sollazzo di sopprimere il dottor Romito mediante il compenso di trecentomila lire. Non è neppure vero che della cosa abbia interessato anche certo Salvatore Magurno

– Certo Salvatore Magurno? Non è vostro cugino?

– La mia è un’ottima famiglia – precisa per rimarcare le distanze.

– Ci risulta che più volte avete minacciato il dottor Romito, anche a mano armata…

Solo fino a quando il dottore rimase scapolo inviai delle lettere minacciose in quanto lo stesso è stato fidanzato con me per circa 18 anni

18 anni di fidanzamento sono tanti per poi vedersi lasciata per una più giovane e per di più con la prospettiva di restare zitella. Un movente valido per uno sconsiderato atto in difesa del proprio onore.

Molto tempo fa – racconta Salvatore Magurno – venne a trovarmi in casa mia a Diamante mia cugina Ida, la quale mi propose di trovarle qualcuno disposto ad uccidere il dottor Romito. Conoscendo che mia cugina è disposta a tutto, onde calmarla diedi ad intenderle che le sarei andato incontro. Successivamente, nello scalo di Verbicaro mi incontrai con Michele Sollazzo, mio conoscente, pregandolo di far capire a mia cugina Ida che egli si sarebbe interessato a portare a termine il piano da costei proposto e cioè di uccidere il dottor Romito

– Avresti potuto, più facilmente e correttamente, venire da noi a raccontarci delle intenzioni di tua cugina… e se Sollazzo avesse portato a termine la cosa?

Feci ciò solo per cercare di calmare mia cugina e non per istigare Sollazzo a commettere il delitto. Anzi, allo stesso dissi che sarebbe stato bene informare di ciò il dottor Romito… – si difende, avendo ben capito che si è cacciato in un brutto guaio.

– E poi?

Dopo pochi giorni Sollazzo venne a Diamante ed in casa mia ebbe un abboccamento con mia cugina, nel corso del quale le fece capire che avrebbe portato a termine quanto costei desiderava. Preciso, però, che una volta fuori, dissi a Sollazzo di non interessarsi affatto della cosa e cioè di non mettere neppure lontanamente il piano in esecuzione, ma di far capire a mia cugina, successivamente, che egli aveva tentato il colpo, ma che non gli era riuscito.

– Non mi convince affatto questo racconto, c’è sicuramente dell’altro che nascondi.

Feci ciò soltanto per calmare l’animo di mia cugina e sperando che, col tempo, avrebbe potuto dimenticare il dottor Romito senza nessuna intenzione delittuosa

No, qualcosa non quadra. Il Maresciallo continua a non credere nella buona fede di Salvatore Magurno. Forse solo Michele Sollazzo può chiarire tutto una volta per sempre:

Nel marzo ultimo scorso mi recai a Diamante. Ivi, certo Salvatore Magurno, agnominato “U Russu”, mi istigò ad ammazzare il dottor Osvaldo Romito per incarico avuto dalla signorina Ida Magurno, ex fidanzata del Romito. Per compenso del delitto mi promise trecentomila lire. Quella sera incontrai a casa del Magurno la signorina Ida, la quale mi confermò l’istigazione ed il compenso promessomi. La signorina Ida per anticipo mi consegnò duemila lire, di cui mille le detti a Salvatore Magurno. Apparentemente accolsi l’istigazione, ma non pensai mai di commettere il delitto. Successivamente, Salvatore Magurno mi mandò a chiamare per alcuni verbicaresi perché la signorina Ida voleva procurarmi la pistola e le bombe, qualora ne fossi stato sprovvisto

– Le bombe?

– Si, nel caso fosse riuscito difficile usare la pistola. Mi disse anche che era propensa a recarsi con me a Tortora, residenza del dottor Romito, per indicarmelo, siccome a me sconosciuto. Aggiunse inoltre che quando il dottore sarebbe stato ucciso, ella si sarebbe dichiarata rea dell’omicidio. Mi chiese anche entro quale lasso di tempo avrei commesso l’omicidio perché qualora avessi pensato di desistere, avrebbe incaricato altra persona

– Cosa ti ha convinto a rivelare tutto al dottor Romito?

A Verbicaro raccontai il fatto ad amici e questi mi consigliarono di preavvisare il dottor Romito

– C’è una cosa che non convince nel tuo racconto: perché hai accettato l’incarico? Non sarebbe stato meglio rifiutare e avvisarci?

– Non potetti rifiutare perché ero a casa di Salvatore Magurno, ma non ho mai accolto l’istigazione…

– E i soldi? Perché li hai presi?

Accettai le mille lire per le spese sostenute per recarmi da Verbicaro a Diamante

In realtà,come abbiamo già visto, si trattava di 2.000 lire, poi divise tra lui e Magurno. È questo particolare che stuzzica la curiosità del Maresciallo. Perché i due si sono divisi la somma?

Mi misi d’accordo con Salvatore Magurno al solo scopo di scroccare un po’ di moneta alla signorina Ida, sapendo di essere benestante, ma, ripeto, non allo scopo di uccidere il dottor Romito.

Ecco, adesso tutto è più plausibile: truffa. Intanto Ida Magurno continua a sostenere di essere completamente estranea ai fatti.

E se invece Salvatore Magurno avesse obbligato Sollazzo ad accettare e lo avesse obbligato a dividere il denaro?

La signorina Ida, in casa del Magurno, mi versò duemila lire. Io trattenni per me mille lire e le altre mille le ho data a Salvatore Magurno spontaneamente – precisa Sollazzo dopo qualche giorno in un nuovo interrogatorio. Poi modifica un passo della sua precedente dichiarazione –. L’intenzione del Magurno non era quella di attuare l’omicidio ma, secondo il suo piano, era quella che si sarebbe dovuto sparare un colpo in aria senza colpire il dottor Romito e così avremmo potuto ottenere la somma promessa dalla signorina Ida

È abbastanza evidente che il cambio di versione serve per far combaciare i due racconti. D’altra parte potrebbe essere molto pericoloso fare un torto ad un uomo come Salvatore Magurno, il quale per molti anni è stato il capo indiscusso della mafia dell’Alto Tirreno cosentino e ora è comunque un pezzo da novanta; un uomo che perse una mano mentre maneggiava una bomba; un uomo sempre sfuggito alle indagini per associazione per delinquere[1].

A confermare che i conti non tornano basta una piccola riflessione: se le cose stavano davvero così, perché avvertire il dottor Romito del grave pericolo che stava correndo?

Gli inquirenti potrebbero e dovrebbero porsi il problema e chiedere ai due compari spiegazioni in merito, ma non va così.

Intanto sono passati 9 mesi e finalmente il fascicolo di istruzione penale per istigazione a delinquere viene corredato dai nomi degli indagati: Ida Magurno e suo cugino Salvatore Magurno. Le carte vengono trasmesse dalla Pretura di Belvedere Marittimo a quella di Verbicaro per competenza territoriale e, incredibilmente, non viene compiuto nessun altro atto istruttorio, nemmeno una richiesta di archiviazione. Niente di niente. Semplicemente, il fascicolo viene abbandonato in un cassetto e non se ne saprà più niente.[2]


[1] A tale proposito cfr. Francesco Caravetta, IL PATTO INFAME – L’antica mafia della Riviera dei Cedri, 2018

[2] ASCS, Processi definiti in istruttoria.

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