Il 26 ottobre 1874 è cominciato da appena un’ora quando la tranquillità della frazione Iotta di Pedace viene squarciata dall’esplosione di numerosi colpi di arma da fuoco. Il rimbombo arriva fino alla caserma dei Carabinieri, distante solo poche centinaia di metri, e i militari si svegliano di soprassalto. Il Brigadiere Ercole Martini, mentre in fretta e furia indossa la divisa, ordina a tre suoi sottoposti di prepararsi e accompagnarlo a vedere cosa mai diavolo sia successo.
– Avete fatto caso a quanti colpi sono stati sparati? A me sono sembrati almeno una dozzina – chiede ai sottoposti mentre a passo svelto salgono verso Iotta.
– Si, almeno una dozzina – confermano.
Arrivati nella frazione, i Carabinieri trovano certo Alessandro Ciarlo, d’anni venti di Serra Pedace, sdraiato a terra ed assistito da Gaspare Martire e dai fratelli Battista e Francesco De Luca, tutti da Pedace.
– Cosa è successo? – chiede il Brigadiere.
– È stato ferito con arma da fuoco che venne esplosa dalla finestra della casa di Felice Leonetti – rispondono indicando una finestra proprio sopra di loro.
Martini non perde tempo e, col Carabiniere Francesco Sala, entra nella casa dalla porta semi chiusa e trova Felice Leonetti ancora armato di pistola a due canne, una delle quali ancora carica a palla, che dall’odore emanato risulta essere stata usata di fresco.
– Ho sparato solo a polvere! – si giustifica mentre viene portato in caserma.
Alessandro Ciarlo, il ferito, viene portato a casa del medico e visitato:
– È ferito da palla da arma da fuoco nell’osso ischio sinistro, segnatamente vicino alla unione della parte inferiore dell’osso sacro, percorrendo, il proiettile, lungo i muscoli glutei in vicinanza del gran trocantere. Giudico la ferita pericolosa per gli accidenti e guaribile fra venti giorni.
Seppur molto sofferente, il ferito racconta la sua versione dei fatti:
– Ieri sera sortii di casa e mi recai in Pedace per trovare i fratelli Battista e Francesco De Luca onde divertirci. Difatti trovai costoro, mi condussero in una cantina e mi complimentarono del vino. Gaspare Martire e Felice Leonetti eran assieme ai detti De Luca. Poiché correvano sei ore di notte manifestai ai compagni di volermi ritirare e i fratelli De Luca e Martire si offersero di accompagnarmi. Felice Leonetti se ne andò prima di me e posso assicurarvi che durante che ci bevemmo il vino non ci furono parole con chicchessia. Usciti dalla cantina ci avviammo alla volta di Serra Pedace e giunti sotto la casa di Leonetti, questi dalla finestra ci sparò contro un colpo d’arma da fuoco, prendendomi come vedete.
– Avevate inimicizia con Leonetti?
– Io non avea nessuna inimicizia col Leonetti, né credo che questi ne abbia avuta col Martire e coi fratelli De Luca.
– Dopo che Leonetti sparò cosa accadde?
– Dopo che fui ferito i miei compagni tirarono diversi colpi di pietre alla porta e alla finestra di Leonetti, ma fu piuttosto per spaventarlo e non farlo uscire né dalla finestra, né dalla porta. Intanto Battista De Luca si assentò per un momento e andò ad avvertirvi…
– Voi e i vostri compagni avevate armi?
– Né io e né i miei compagni avevamo armi addosso.
Strano. Da questa ricostruzione dei fatti, come dalla dichiarazione degli amici di Ciarlo, risulterebbe essere stato esploso un solo colpo di arma da fuoco. D’altra parte in casa di Leonetti è stata trovata una pistola a due canne, una delle quali carica e anche questa circostanza sembrerebbe confermare che il colpo fu uno solo, ma i Carabinieri ne hanno distintamente sentito almeno una dozzina. Come si spiega? Qualcuno fa il furbo? Si cercherà di capire qualcosa dopo aver interrogato Felice Leonetti:
– Confesso che ieri l’altro, ossia la notte di domenica a lunedì, tirai dalla finestra della mia casa un colpo di pistola, ma n’ebbi ragione, come vi narrerò. La sera di domenica scorsa andai a bere un bicchiere di vino nella cantina di Antonia Guglielmelli, soprannominata Armalenta, e mi ci trattenni fino ad ora avanzata con Battista e Francesco De Luca, Gaspare Martire, Battista Cinnante, Pietro Leonetti e Alessandro Ciarlo. Posso assicurare che stemmo colà dentro quietamente, senza avere a che dire con chicchessia. Ciò nondimeno Battista De Luca e Michele alias Ciconto, non so per qual motivo, m’impugnarono le pistole a due canne di cui erano armati e m’imposero di ritirarmi. Io lo feci di buona voglia e me ne andai nella mia casa in Iotta, ove presi a mangiare qualche cosa. Mentre ero intento a ciò, i fratelli De Luca, il Ciconto, il Martire con Luigi alias Centopiedi e Alessandro Ciarlo circondarono la mia casa e cominciarono a lanciare sassi contro la porta e la finestra, né di ciò soddisfatti spararono dei colpi d’arma da fuoco, il proiettile di uno dei quali colpì il paramano della casa di mia sorella Rachele, la quale abita vicinissima a me e che, uscita per invitare quei tali a ritirarsi, si ebbe una sassata in testa. Dopo ciò tirai con la mia pistola, che sono autorizzato a portare, non con l’idea di ferire, ma solo di intimorire i miei aggressori e non so se Ciarlo fu ferito dal mio colpo o da quelli tirati dagli altri, cosa probabilissima poiché io dalla finestra non potea colpirlo. Potete chiedere ai miei vicini di casa.
Sembra una favola, ma così si spiega la dozzina di colpi uditi dai Carabinieri e il Pretore, convinto che Felice Leonetti ha detto la verità, decide di fare arrestare i fratelli De Luca, Gaspare Martire e Alessandro Ciarlo, ormai sulla via della completa guarigione, che modifica la sua prima versione e dice:
– I fratelli De Luca mi condussero nella cantina di Antonia Armalenta e mi diedero a bere del vino. Poscia con i De Luca e Gaspare Martire, che non conoscevo, andammo a divertirci pel paese. Intanto un’altra comitiva di cantatori uscì dalla cantina di Antonia Armalenta. Essi erano Felice Leonetti, Battista Cinnante, Pietro Piraino e Pietro Leonetti, alias il Biondo, i quali però un’ora prima di noi si ritirarono. Dopo aver compiuto i nostri divertimenti, gli amici di Pedace mi proposero di accompagnarmi a Serra ed io consentii, ma quando giungemmo in Iotta sotto la casa di Felice Leonetti, questi cominciò a tirare colpi di pistola da sotto la finestra ed io rimasi ferito –. Quindi, se nella prima versione Leonetti era seduto con Ciarlo e gli altri tre, adesso non più perché era con altri compagni. Se prima Leonetti aveva esploso un solo colpo di pistola, adesso diventano “colpi”, ma sarebbero potuti essere due e non almeno una dozzina. Qualcosa non va. Il Pretore, che ora conduce l’interrogatorio, prosegue con le domande:
– I fratelli De Luca e Martire cosa fecero dopo che Leonetti sparò? Spararono anche loro?
– Dopo che Leonetti ci ebbe provocati con molti colpi di arma da fuoco, i miei compagni lanciarono sassi ma non spararono perché non avevano armi –. Adesso i colpi sparati da Leonetti sono diventati “molti”.
– I fratelli De Luca e Felice Leonetti erano nemici?
– Ignoro se precedente inimicizia era tra Leonetti e i De Luca, sebbene non taccio di avere inteso che il 23 ottobre tra loro c’erano stati alterchi di poco conto…
I fratelli De Luca. Il Pretore comincia con il trentenne Battista:
– Dopo che uscimmo dalla cantina con una chitarra, ch’era mia, ed un organetto, ch’era di Felice Leonetti, prendemmo a divertirci pel paese. Era tardi quando Leonetti, che per verità era il più avvinato, mi chiamò e mi disse di dovermi manifestare qualche cosa; gli risposi che se ne sarebbe parlato il dì appresso ed egli se ne corrucciò, esternandomi che avrebbe voluto parlarmi allora. Compresi che era suo desiderio di andare a cantare in qualche luogo a lui prediletto. Continuando io a negarmi alla di lui richiesta, egli si appartò e con lui se ne andarono pure Battista Cinnante e non ricordo chi altro. intanto noi seguitammo a divertirci per altro tempo e poscia, intendendo ritirarci, deliberammo accompagnare fino a Serra Pedace Alessandro Ciarlo, che procedeva innanzi con mio fratello. Appressandoci a Iotta sentimmo due colpi d’arma da fuoco nell’altro villaggio di Santa Maria, ma quando fummo sotto la casa di Felice Leonetti in Iotta, questi si affacciò alla finestra ed esclamando “Indietro per la madonna!” sparò tre colpi d’arma da fuoco e ferì Ciarlo. Fu allora che mio fratello e gli altri ch’erano con noi lanciarono qualche sasso contro la porta o la finestra di Leonetti, ma non colpi d’arma da fuoco perché nessuno di noi era armato e tutto questo mentre io andavo ad avvertire i Carabinieri. Essendo questi i fatti, appare chiaro che io non fui apportatore d’arma proibita, né la impugnai contro Leonetti.
Poi è la volta del ventunenne Francesco, che fino ad un certo punto conferma la versione del fratello, poi la contraddice e aggiunge:
– Quando io e Ciarlo fummo sotto la casa di Leonetti, questi aprì la finestra e con la pistola in mano c’impose di non andare oltre. Credetti che scherzasse, ma mi convinsi del contrario quando scaricò contro di noi due colpi e, ricaricata l’arma, un terzo che ferì Ciarlo. I nostri compagni fuggirono chi da un lato e chi dall’altro sicché rimasi solo col ferito, mentre mio fratello andava a chiamare i Carabinieri. Non nego che, adirato per la cattiva azione di Leonetti, lanciai contro la porta e la finestra qualche sasso. È falso che la notte dal 25 al 26 ottobre io abbia tirato colpi d’arma da fuoco contro la casa di Felice Leonetti –. Francesco dimentica che con lui c’era anche il ventunenne Gaspare Martire che ora si siede davanti al Magistrato e si difende:
– Giunti in Iotta udimmo l’esplosione di un’arma da fuoco. L’avea esplosa Felice Leonetti. Francesco De Luca gli chiese contro chi sparasse ed egli rispose che tirava contro di noi e in così dire esplose un altro colpo e ferì Ciarlo. Non è vero che io e gli altri miei compagni avessimo esploso prima e dopo colpi di pistola contro la casa di Leonetti. Io non avevo armi e non vidi neanche armi a Battista De Luca ed agli altri.
Quattro amici, quattro versioni diverse, ormai è chiaro che c’è sotto qualcosa, che forse nemmeno Felice Leonetti vuole svelare. Quello che è certo è che Leonetti da solo non ha potuto esplodere almeno una dozzina di colpi. Ma chi sono questi “altri”, senza che nessuno degli imputati ne faccia i nomi? Nomi che però ha fatto Felice Leonetti e l’unico ad essere rintracciato è Luigi Morrone, alias Centopiedi, convocato in Pretura con mandato di comparizione come sospettato di avere sparato contro la casa di Leonetti:
– Falsamente mi s’imputa di avere provocato Felice Leonetti con colpi di arma da fuoco contro la finestra e la porta della sua casa e vi assicuro che quella sera, usciti dalla cantina, mi ritirai a casa perché la mattina seguente dovea partire, come di fatti partii per la volta della Marina di Massa ove lavorai. Di ciò che avvenne del ferimento di Alessandro Ciarlo non so perfettamente nulla –. Ovviamente non ha testimoni che possano confermare che non andò a Iotta con gli altri.
Ma almeno qualcosa per stabilire come siano andate veramente le cose e non mandare in galera uno o più innocenti si può e si deve fare. Per esempio una perizia sull’arma di Leonetti ed un’altra sul luogo dell’accaduto.
Per prima viene effettuata la perizia sulla pistola sequestrata a Leonetti e tutto sommato gli è favorevole: L’arma non può dirsi insidiosa perché le canne in lunghezza eccedono i millimetri 171. Però la ritengo più che atta a far fuoco, essendo stata costrutta di recente, attesta l’armaiolo Luciano Ranieri, incaricato anche della perizia balistica sul luogo dove avvenne la sparatoria.
La casa di Leonetti, sita nel villaggio di Iotta, composta di due membri, cioè un pian terreno ed un secondo piano, è la seconda che s’incontra scendendo da Serra Pedace. La porta d’ingresso, al pian terreno, è praticata sul lato della casa prospicente alla strada. La stanza sovrapposta ha una sola finestra sporgente a metri 4,50 sulla strada. Abbiamo inoltre notato che tanto nella porta che nell’imposta della finestra vi esistono tracce lasciatevi da lanciamento di sassi. Più alla base del prospetto della loggia di Giuseppe Rota, alla distanza di metri sei dalla finestra della casa di Leonetti, è un’impressione di proiettile spinto da arma da fuoco, di forma irregolare e di data recente.
Descritti i luoghi, i quesiti a cui Ranieri dovrà rispondere sono:
- Se esplodendosi un’arma carica a palla dalla finestra di Leonetti in direzione della sottostante via, chi si trovasse in questa ne possa essere colpita;
- Se il proiettile che investì la base della loggia di Giuseppe Rota sia stato spinto da arma esplosa dalla finestra di Leonetti, ovvero da persona che si trovava fuori; in quest’ultimo caso osservare la direzione di esso per dedurne che l’esploditore abbia ciò fatto nel disegno di colpire chi si trovasse affacciato alla finestra di Leonetti.
Ranieri, dopo aver attentamente valutato tutto, risponde:
In quanto alla prima domanda non posso rispondere non affermativamente, giacché, oltre al brevissimo spazio che intercede dalla via alla finestra (metri 5), la visuale non viene interrotta da alcun ostacolo.
Sulla seconda non cade neanche alcun dubbio che il proiettile che raggiunse il basamento della loggia di Giuseppe Rota sia stato spinto da arma esplosa da persona che si trovava sulla via, perché la finestra di Leonetti non è a veduta dell’impressione del proiettile. Giudico fondatamente che l’autore di questa certamente ebbe in animo di colpire la finestra di Leonetti in quanto la direzione diagonale del proiettile si approssima in certo modo alla finestra.
E ora? Come si metteranno le cose? Intanto il Pubblico Ministero chiede che il reato di tentato omicidio contestato a Felice Leonetti venga derubricato in ferita volontaria. Poi afferma che prove di reità stanno a peso degli altri autori dei reati che lor si ascrivono. Un bel passo avanti, ma resta sempre ignoto il movente della sparatoria e senza movente sarà molto difficile capire chi ha cominciato a sparare.
Secondo la Camera di Consiglio presso il Tribunale Correzionale di Cosenza, che deve decidere se e per quali indagati chiedere il rinvio a giudizio, tra il gruppo di Ciarlo e quello di Felice Leonetti scoppiò una rissa come risulta dalle dichiarazioni di più testimoni e dalle stesse ammissioni degli imputati; la colpabilità del Leonetti pel ferimento in persona del Ciarlo emerge dallo stesso interrogatorio del delinquente; la colpabilità di Battista De Luca pel porto abusivo e sparo di arma da fuoco in rissa con animo di offendere risulta dalle testimonianze di Battista Cinnante e Pietro Leonetti, i quali lo videro armato di pistola ed una volta che nessun altro degli avversari di Felice Leonetti era munito di armi da fuoco, è ben chiaro che egli e non altri sparò contro costui, giusti i risultamenti della ispezione e perizia locale. Il sol dubbio che a prima vista rimane è se tutti o parte soltanto degli altri imputati lanciarono sassi contro la porta e finestra di Leonetti, ma considerando che tutti erano uniti e tutti avversari di Leonetti, il quale era già chiuso in sua casa, è da ritenersi che tutti tirarono sassi. La conseguenza di questo ragionamento è che Felice Leonetti viene rinviato a giudizio per rispondere di ferite volontarie fatte con arma da fuoco; Battista De Luca dovrà rispondere di porto abusivo di arma da fuoco e sparo in rissa con animo di offendere Felice Leonetti; Francesco De Luca, Gaspare Martire, Michele Morrone, Luigi Morrone e Alessandro Ciarlo dovranno rispondere di lanciamento di pietre contro la porta e finestra di casa del Leonetti.
La Sezione d’Accusa presso la Corte d’Appello di Catanzaro, il 16 settembre 1875 accoglie la richiesta e ad occuparsi del caso sarà il Tribunale Correzionale di Cosenza nell’udienza del 31 maggio 1876.
Il Collegio Giudicante, letti gli atti ed ascoltati i testimoni, ricostruisce i fatti che portarono alla sparatoria e osserva: sorto diverbio in occasione di una serenata tra Leonetti ed i suoi conterranei che figurano implicati in questo processo, esso Leonetti andò a chiudersi in casa, ma gli avversari lo assalirono prima a colpi di pietra e poi a fucilate alle imposte ed ecco che, perduta la flemma, egli aprì una finestra e tirò un colpo che ferì Alessandro Ciarlo, uno degli assalitori. In detto rincontro fu visto Battista De Luca armato di pistola, ma s’ignora se poscia fu esplosa insieme agli altri colpi uditi, quindi non è dato ritenere a suo carico lo sparo di arma in rissa. Sebbene il Leonetti nulla sappia dire della ferita, pure egli ammette avere esploso l’unico colpo che fu tirato contro gli avversari, quindi non è difficile dedurre che tale esplosione ebbe a ferire il Ciarlo, il che risponde, non senza il beneficio della provocazione. È dimostrato il porto d’arma del De Luca Battista. Non risulta essere state dirette le vie di fatto degli altri imputati contro la persona di Leonetti, che era chiuso dentro la propria abitazione.
Quindi le pene da infliggere: Felice Leonetti viene condannato a mesi otto di carcere; Battista De Luca viene condannato alla multa di lire 100. Tutti gli altri imputati vengono assolti.[1]
[1] ASCS, Processi Penali.