È il 21 luglio 1896. Nella frazione Sant’Angelo di Cetraro, Arcangelo Cianni, ventiseienne contadino, di ritorno dalla campagna incontra la trentenne Rosina Quercia seduta a cucire davanti la porta di casa. Indicando la casa di sua cugina Angiolina Sirri, che è di fronte alla casa di Rosina, le dice, quasi per sfogarsi:
– Angiolina ha stretto relazioni illecite con Leopoldo Servidio e io devo parlare con lui con le buone per non farsi più vedere da mia cugina e se non mi darà ascolto non mi interesserò più del fatto.
Rosina gli fa un cenno d’assenso, Arcangelo le dà la buona sera e continua per la sua strada.
È la sera del 25 luglio e Rosina è seduta davanti casa con Concetta Servidio a prendere un po’ di fresco, quando passa e ripassa più volte davanti a loro Leopoldo Servidio.
– Lo vedi? Sicuramente ha preso intesa con Angiolina e deve andare da lei, ma non vuole essere visto – sussurra Rosina all’amica.
Dopo altri vari passaggi Leopoldo si avvicina alle due donne e, quasi alterato, dice loro:
– Sempre in mezzo alla strada state? È notte, tornatevene a casa!
Le due, compiacenti, lo assecondano, rientrano nelle loro case, ma si mettono a spiare da dietro le finestre. Non passa che qualche minuto e vedono Leopoldo bussare alla porta di Angiolina, che apre. L’uomo entra e la porta si richiude. Dopo pochi minuti arriva anche Arcangelo Cianni che bussa a sua volta. Angiolina apre, il cugino entra, si mette a frugare in casa per sorprendere l’amante e quando sta per scendere nel basso della casa, Leopoldo lo minaccia e gli intima di andare via.
Arcangelo è furioso e va di corsa a casa di suo cugino Nunziato Sirri, il fratello di Angiolina, e gli riferisce il fatto, così, su due piedi, i due decidono di intervenire e, caricati i propri fucili, vanno a casa di Angiolina per sorprendere gli amanti. Arrivati sul posto, mentre stanno concordando come appostarsi per sorvegliare le uscite, sulla strada sta passando Federico Barbieri e Arcangelo gli impone di voltarsi indietro, ma il passante rifiuta e Arcangelo gli fa segno col fucile spianato di passare oltre. Adesso i due cugini parlottano sottovoce e subito Nunziato si apposta per controllare la porta del basso e la finestra della camera da letto al fine di evitare che Leopoldo possa scappare, mentre Arcangelo comincia a battere violentemente col fucile sulla porta d’ingresso, urlando:
– Apri, porca fricata! Leopoldo Servidio esci, da te non me l’aspettavo, compare Leopoldo, apri, così stimi il San Giovanni, così rispetti compare Agostino? Mi hai fatto voltare indietro impugnandomi la pistola! – poi, rivolgendosi alla cugina, continua – Porca, accendi il lume!
– Non ho fiammiferi… – risponde Angiolina da dietro la porta.
– Scrofa! Te li do io i fiammiferi, te li passo dal buco della serratura! – e infatti mette alcuni fiammiferi nella toppa, ma Angiolina, forse per prendere tempo, gli risponde:
– Non ho lume, ma ve ne potete andare perché sono sola in casa e tu e mio fratello mi state togliendo la stima!
Arcangelo continua a picchiare sulla porta e la porta, forse per i colpi o forse perché aperta da Angiolina, si spalanca e Arcangelo entra e colpisce la cugina con pugni e col calcio del fucile, poi torna fuori e fa un paio di passi indietro per non farsi sorprendere da Leopoldo, nel caso esca con qualche arma in pugno. Adesso sulla strada c’è un silenzio irreale, carico di tensione e questa situazione dura per qualche minuto, poi dalla porta, coi calzoni in mano, la camicia non ben rientrata, senza scarpe e senza cappello, esce Leopoldo, che dice ad Arcangelo:
– Spara, se hai coraggio! – poi di corsa entra in un vicolo, mentre Arcangelo urla:
– Ci rischio perlamadonna! – e gli spara un colpo, ferendolo al braccio destro. Leopoldo continua a correre nel buio e si mette in salvo.
– L’hai fatto? – urla Nunziato al cugino.
– L’ho sparato. Se l’ho colpito, bene, altrimenti si frica! – gli risponde Arcangelo.
A questo punto Nunziato capisce che non è più necessario sorvegliare l’uscita del basso e la finestra, quindi torna sulla strada, davanti alla porta della sorella, che proprio in questo momento esce di casa e, mentre cerca di allontanarsi, urla:
– Dov’è? Dov’è? Dalla mia casa non è uscito!
Nunziato è dietro sua sorella a poco meno di due metri, imbraccia il fucile, lo punta e spara. Angiolina cade a terra bocconi senza un lamento, morta all’istante, mentre il fratello ed il cugino spariscono nel buio della notte. Adesso che tutto è calmo i vicini possono uscire, constatare l’orribile morte della giovane e correre a Cetraro per avvisare i Carabinieri.
Il Brigadiere Angelo Bentivoglio, comandante la stazione di Cetraro, ed i suoi uomini arrivano sul posto quando ormai è il mattino del 26 ed iniziano subito le indagini perquisendo la casa della povera Angiolina e sequestrando un paio di scarpe ed un cappello di paglia appartenenti a Leopoldo Servidio, nonché un lenzuolo di canapa sul letto dell’uccisa sul quale vi si osservano delle macchie di sperma. Poi perquisiscono il cadavere di Angiolina ed in una tasca rinvengono una cinghia elastica, pure appartenente al Servidio che non fece in tempo ad attaccarsi alla vita mentre si vestiva. Il ritrovamento di questi oggetti per il Brigadiere rappresentano la prova che il Servidio abbia continuato la relazione illecita e quindi che per gelosia il Cianni abbia invitato ad armarsi il fratello dell’uccisa per vendicarsi di lui causando così l’avvenuto reato. A questo punto il Brigadiere Bentivoglio va a casa di Leopoldo Servidio, a letto ferito, e lo arresta per decidere ad ultimate pratiche dell’autorità giudiziaria se o meno risulterà colpevole. Interrogato, Servidio racconta la sua versione dei fatti:
– Il venticinque lavorai per conto di Angiolina Sirri a mietere segale. La sera, per la via, le dissi che mi avrebbe dovuto pagare la giornata perché lo dimani avrei dovuto andare a Cetraro. Essa disse che ben volentieri mi avrebbe pagato, ma non potea venire a casa mia perché io ero solo e la gente avrebbe parlato e m’invitò ad andare a casa sua per pagarmi. Infatti la sera, verso un’ora e mezza di notte, andai nella di lei casa ed essa chiuse la porta dicendo che volea parlarmi di suo marito assente, col quale io ero stato in America, e non voleva che la gente, per non dare sospetti, vedesse in quella casa. Mi disse che il marito l’avea abbandonata perché non le mandava più nulla e che uno zio scriveva male di lei a suo marito. Io la consigliai a star di buon animo, a portarsi bene perché il marito fra l’anno sarebbe venuto, come costui mi avea detto in America. Era scorsa circa mezz’ora quando intesi Arcangelo Cianni battere alla porta con un pugnale e colla bocca di un fucile e dicendo “apri”. Intesi altresì che disse “attenzione che qualcuno può scappare dalla porta di basso”. Io mi affacciai dalla finestra e vidi una persona che teneva spianato un fucile verso la porta del basso. Questa persona era Annunziato Sirri e lo conobbi alla voce quando rispose al Cianni “da qui non esce nemmeno il padreterno!”. Intanto Angiolina disse che avrebbe aperto la porta ed infatti l’aprì mentre io ero salito al soffitto. Aperta la porta entrò il Cianni e colla canna del fucile colpì la cugina. La ingiuriò chiamandola puttana e le domandò chi vi era dentro. Essa rispose ch’era dentro il compare Leopoldo Servidio per un affare e che era salito al soffitto per paura. Il Cianni uscì e si appostò vicino la porta, dicendo “esci se hai coraggio, tu stasera sarai morto, perché se non esci ti venghiamo a prendere dentro!”. Io temevo sarebbero venuti veramente dentro ad uccidermi ed era meglio uscire perché facilmente, all’oscuro, avrei potuto scampare la vita. Appena uscito cercai di fuggire per un vicolo ed avevo fatto pochi passi, quando il Cianni, che avea spianato il fucile, mi esplose un colpo, colpendomi al braccio destro. Per fortuna che io mi accorsi ch’egli avea spianato il fucile contro di me e quindi ebbi il tempo di ripararmi la persona accanto della gradinata esterna di Domenico Aloe. Io, benché ferito, mi diedi a precipitosa fuga e verso due ore prima del sorgere del sole mi ritirai in casa di mia sorella ed ivi seppi che Annunziato Sirri avea ucciso sua sorella.
– Avevi relazioni carnali con Angiolina Sirri, confessa!
– Io non ebbi mai relazioni illecite colla Sirri, ma il fratello Nunziato venne in quella sera per appostarmi, nella credenza che io quella sera avessi relazione colla sorella. Non posso comprendere perché sia venuto pure il Cianni.
– Ma, secondo te, perché Cianni ti ha sparato?
– Nulla posso dire se il Cianni mi ferì per gelosia, perché non so se egli avesse attentato all’onore della cugina. So soltanto che Rosina Quercia, che si dice abbia relazioni col Cianni, era intima amica di Angiolina Sirri.
– E se non avevi relazioni illecite con Angiolina Sirri perché sei uscito senza scarpe, senza cappello, senza cintura e ti reggevi i calzoni con le mani? – fa il Brigadiere mostrandogli la cintura elastica trovata addosso al cadavere di Angiolina.
– Quando ero al soffitto tolsi le scarpe e la paglia per non far rumore e le lasciai ivi per potere più liberamente fuggire. Non è vero che lasciai una cinghia.
– Lo capisci che col tuo comportamento sei stato causa del delitto?
– Io non sono stato affatto causa del delitto e non so perché mi trovi in arresto!
– Che mi dici di questo lenzuolo con macchie di sperma?
– Non posso dire se il lenzuolo che mi presentate sia quello che in quella sera era nel letto della Sirri.
L’assurda accusa contro Leopoldo Servidio di essere causa del delitto, ma anzi è una delle due vittime, è giustamente riconosciuta inesistente ed il giovane viene rimesso immediatamente in libertà. Ma forse per timore che i due cugini, essendo in libertà riprovino a farlo fuori, Leopoldo, sebbene ancora non rimessosi del tutto dalla ferita al braccio, dopo un paio di settimane pensa bene di emigrare in Francia.
Il Brigadiere Bentivoglio, in uno dei suoi verbali, cerca di tracciare i profili di Angiolina e suo fratello Nunziato: Angela Sirri abitava in una casa da sola e non unita col germano Nunziato o con altri. Essa viveva col lavoro delle proprie braccia e con la vendita di piccola proprietà che possedeva, nonché con qualche cosa che il marito di tanto in tanto le mandava dall’America. L’Annunziato Sirri, poi, non godeva buona condotta ed era dedito ai reati di sangue e allega un verbale datato 15 aprile 1896, col quale denunciava Nunziato per aver sfregiato a colpi di coltello il viso del cantiniere Agostino Liparoti durante una rissa. La conseguenza è che questo procedimento penale viene accorpato a quello per l’omicidio di Angiolina.
Intanto i giorni passano ma dei due ricercati, nonostante decine di perquisizioni domiciliari effettuate nelle case dei loro parenti ed amici, non c’è traccia. Poi Arcangelo Cianni viene avvistato in campagna da due guardie forestali, ma riesce a dileguarsi e qualche giorno dopo in paese comincia a girare la voce che i due cugini si sono imbarcati su un piroscafo diretto in America e se la notizia fosse vera, le speranze di assicurarli alla giustizia sarebbero molto vicine allo zero. Vedremo, intanto le ricerche continuano, come continuano le indagini per accertare se la relazione illecita tra Angiolina e Leopoldo era vera o erano solo voci di paese. Per cercare di arrivare alla verità si parte dalle analisi sul lenzuolo con macchie, presumibilmente, di sperma e sul contenuto del liquido vaginale prelevato dal cadavere della vittima durante l’autopsia.
Il 2 agosto 1896 il dottor Giuseppe Panfili, Ufficiale Sanitario del Comune di Cetraro, incaricato di effettuare la perizia, presenta in una lunga ed articolata relazione i risultati del suo lavoro e conclude: il liquido biancastro raccolto in vagina e le due macchie giallognole, inamidate, trovate sul lenzuolo sono costituite da secrezione vaginale, senza alcuna traccia di sperma. Quindi Angiolina e Leopoldo o quella sera non hanno avuto il tempo di consumare un rapporto sessuale o tra loro non esisteva alcuna relazione illecita, come ha dichiarato Leopoldo Servidio.
Però dalle indagini emerge anche, al di là della vera o presunta tresca con Leopoldo, il passato torbido di Angiolina, che ha determinato il marito ad abbandonarla. A raccontarlo al Pretore è Gioacchino Servidio, il patrigno della giovane vittima e del fratello suo assassino:
– La povera Angiolina avea mancato ai doveri di moglie verso suo marito, Agostino Verta che tuttora trovasi in America, perché durante la sua assenza ebbe relazioni illecite con il cugino Guglielmo Verta e partorì anche un figlio… per questo i parenti la guardavano…
La cosa strana è che, se i parenti la guardavano, la guardavano e basta perché a nessuno, in occasione del palese adulterio con gravidanza e parto, venne in mente di vendicare col sangue l’onta all’onore della famiglia, mentre l’adulterio commesso con Leopoldo Servidio, forse nemmeno consumato, è stato punito con una strage sfiorata. Ma forse il motivo della mancata punizione del primo adulterio può essere legato alla subitanea emigrazione del cugino Guglielmo Verta. Per il secondo adulterio sorgono spontanee un paio di domande, senza possibilità di risposta: è possibile che l’atroce vendetta sia stata istigata da Arcangelo Cianni perché geloso della cugina non per motivi familiari ma personali? Come mai l’iniziativa per la vendetta non fu presa da Nunziato?
Intanto siamo arrivati al 19 gennaio 1897 e dei due cugini non si hanno più notizie, quindi gli inquirenti decidono di perseguirli in contumacia e la Sezione d’Accusa li rinvia al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza per omicidio volontario e tentato omicidio in concorso e il solo Nunziato Sirri anche per lesioni personali in danno di Agostino Liparoti.
Finalmente, attraverso alcune testimonianze, c’è la certezza che gli imputati sono riusciti a mettersi in salvo oltre oceano e la causa, col rito contumaciale, viene fissata per il 2 aprile 1897.
La Corte, letti gli atti ed ascoltati i testimoni, osserva: Angela Sirri, abbandonata dal marito da più anni emigrato in America, contrasse relazioni illecite con un suo cugino per nome Guglielmo Verta, per cui rimase incinta e nel corso del passato anno ebbe a sgravarsi. Di ciò non curaronsi punto, né poco il fratello Nunziato Sirri, né il cugino Arcangelo Cianni. Senonché la Sirri, lasciata dal cugino Gugliemo emigrato in America, contrasse novelle relazioni illecite con Leopoldo Servidio. Questa volta il Cianni se ne rese geloso, per modo che la notte dal 25 al 26 luglio 1896, di concerto con Nunziato Sirri, si fece presso l’abitazione di Angela Sirri per sorprendere il Servidio, che a quell’ora vi si trovava con lei in piacevole abbracciamento. Intanto i due accusati, Sirri e Cianni, si sottrassero alle ricerche degli Agenti della Forza Pubblica emigrando all’estero. Dall’esame degli atti processuali i fatti testé rilevati restano pienamente comprovati e le prove di reità a carico di Nunziato Sirri per l’omicidio volontario in persona della propria sorella, pel concorso nel mancato omicidio in persona di Leopoldo Servidio ed altresì pel ferimento in persona di Agostino Liparoti sono evidenti. Evidenti sono pure le prove d colpabilità contro Arcangelo Cianni pel delitto di mancato omicidio in persona di Leopoldo Servidio e pel concorso nell’omicidio in persona di Angela Sirri.
In diritto, al colpevole di più delitti che importino la stessa specie di pena, temporaneamente restrittiva della libertà personale, si applica la pena per il delitto più grave con un aumento pari alla metà della durata complessiva delle altre pene, purché non si oltrepassino i trent’anni di reclusione. In conseguenza, fatto calcolo delle pene incorse dagli accusati Sirri e Cianni per i reati da loro rispettivamente consumati, si ottiene nella misura e determinazione: per Nunziato Sirri la pena della reclusione per anni 30; per Arcangelo Cianni la stessa pena per anni 28. Ad entrambi vengono condonati mesi 3 della pena. Spese, danni e pene accessorie.[1]
Nunziato e Arcangelo, al sicuro oltre oceano, ancora stanno ridendo.
[1] ASCS, Processi Penali.