Fino dall’estate del 1941 la ventiquattrenne casalinga Mariannina Scura da San Giorgio Albanese, profittando che suo marito è stato chiamato al fronte e poi fatto prigioniero, intreccia una tresca amorosa con il venticinquenne calzolaio Salvatore Russo. Di ciò si accorge il cognato della donna, che affronta il calzolaio e gli taglia la faccia per vendetta, ma nonostante ciò i due amanti non hanno nessuna intenzione di interrompere la loro relazione e continuano come se nulla fosse accaduto, come se la cicatrice che Salvatore porta sul viso non sia l’avvertimento di una ben più grave vendetta se il marito tradito riuscirà a tornare in paese.
Poi accade qualcosa che potrebbe destabilizzare il rapporto tra i due amanti: Mariannina è incinta! No, nessuno stravolgimento neanche questa volta e la donna porta a termine la gravidanza partorendo una bambina la notte del 12 aprile 1944.
Ma se prima tutto sembrava andare bene fino a che la bambina è uscita dal grembo materno, i guai cominciano adesso perché, essendo a conoscenza di tutti l’adulterio, il repentino dimagrimento di Mariannina significa che ha partorito e se ha partorito si dovrebbero sentire i vagiti della creatura, ma della creatura nessuno sente un vagito, un pianto, niente di niente e questo consiglia di avvisare qualche giorno dopo i Carabinieri, che non ci mettono molto a scoprire la verità: la creatura è stata soppressa!
Portata in caserma e interrogata, Mariannina confessa subito:
– L’ho subito soffocata mediante pressione digitale al collo per salvare il mio onore…
– Dov’è la bambina? Dove l’hai nascosta?
– In un buco del muro attiguo al sottoscala della mia abitazione…
Si, la creaturina innocente è nascosta proprio lì e non è un bello spettacolo quello a cui assistono i Carabinieri, il Pretore ed il medico legale quando la tirano fuori. Infanticidio e occultamento di cadavere.
– Ti ha aiutata qualcuno? Qualcuno ti ha consigliato di sopprimerla?
– A determinarmi a commettere i delitti è stato Salvatore Russo.
Il calzolaio viene immediatamente arrestato e interrogato, ma nega tutto:
– Sono innocente! Chiedete a Filomena Scura, lei sa che Mariannina mi accusa per malanimo verso di me che ho stretto relazioni intime con Cassandra.
Mariannina però insiste nella chiamata di correo in tutti i suoi interrogatori:
– È stato Salvatore a determinarmi a sopprimere la creatura frutto dei nostri illeciti amori, facendomi anche presente che altrimenti mio marito non avrebbe più voluto saperne di me e sarei stata esposta al ludibrio del popolo, mentre con l’occultamento del cadaverino la gente nulla avrebbe saputo e così mio marito, ritornato dalla prigionia, avrebbe ripreso la vita coniugale…
Salvatore non ci sta e dopo qualche giorno fa pervenire un esposto nel quale chiede di ascoltare due testimoni a suo discarico: Michele De Pasquale e Luigi Tummera. Interrogati, i due dicono che Mariannina, parlando con loro nel carcere di Corigliano dove sono rinchiusi insieme, ha ammesso che Salvatore con l’infanticidio non c’entra niente.
Ma anche in questo caso i Carabinieri non ci mettono molto a capire che i tre testimoni sono inattendibili: Filomena Scura lascia a desiderare per i suoi costumi, quanto al De Pasquale ed al Tummera sono dei pregiudicati, di talché può ritenersi a ragione che trattasi di testimoni ingaggiati in qualsiasi modo, come si evince dalla circostanza che non furono indicati dal Russo allorché venne interrogato, ma a mezzo di esposto.
È tutto chiaro. I due vengono rinviati al giudizio della Corte d’Assise di Cosenza. Mariannina dovrà rispondere di infanticidio per causa d’onore e occultamento di cadavere; Salvatore di concorso in infanticidio e occultamento di cadavere.
La causa si discute il 19 febbraio 1945 e la Corte, letti gli atti ed ascoltati i testimoni, osserva: Salvatore Russo, che era in tresca anche con Cassandra e che precedentemente aveva abbandonato altra amante, non era uomo di sentire alcuna responsabilità verso la Scura e la creatura frutto dei loro illeciti amori; né una eventuale vendetta del marito della Scura al ritorno in paese, vedendo nella creatura la prova della infedeltà di coste, poteva preoccuparlo perché, già a causa della tresca, era stato sfregiato dal fratello del marito, di talché l’esistenza della relazione carnale non poteva essere nascosta a quest’ultimo. Ma la Corte, riprendendo l’interrogatorio di Mariannina nel quale spiega che Salvatore la convinse a sopprimere la creatura e a nasconderne il cadavere per evitare che il marito venisse a saperlo e la abbandonasse, ritiene che il reato commesso dall’uomo non debba essere qualificato come “correità in infanticidio ed occultamento di cadavere” ma, non avendo agito per fine diverso da quello della Scura, la quale agì per salvare l’onore proprio, agì con l’intento di favorire costei e quindi deve rispondere di infanticidio per causa d’onore e occultamento di cadavere come l’amante. La questione non è da poco perché le pene previste per il reato di concorso in infanticidio e l’infanticidio per causa d’onore sono alquanto diverse: nel primo caso la pena non può essere inferiore ad anni 21 di reclusione, mentre nel secondo la pena va da anni 3 ad anni 12 di reclusione.
Ciò premesso, tanto la Scura quanto il Russo debbono rispondere d’infanticidio per causa d’onore, a termini della prima parte dell’art. 578 Codice Penale, così modificata la rubrica nei confronti del Russo Salvatore, nonché di occultamento di cadavere, avendo esso Russo concorso in entrambi i delitti, come con accento sincero e dovizia di particolari circa i loro incontri ed accoppiamenti gli ha sempre sostenuto in faccia la Scura la quale, altresì, ha negato di avergli detto, nella camera di sicurezza della caserma dei Carabinieri, che era innocente di tutto, perché chiamata da lui non gli aveva risposto (non ostante le compiacenti asserzioni contrarie del Tummera e del Carabiniere Salerno).
Poi la Corte, citando la Suprema Corte di Cassazione, osserva: la condizione di partoriente in tema di infanticidio, connessa alla grave preoccupazione di esporsi al disonore di una nascita illegittima, non è tale da giustificare per sé stessa l’applicazione della diminuente del vizio parziale di mente, come chiesto dalla difesa, perché lo stato di infermità di mente, totale o parziale, deve derivare da elementi di ben diversa natura e cioè tali da porre in essere una malattia in senso clinico. Attenuante non concessa, come non vengono concesse a nessuno dei due amanti assassini le attenuanti generiche, considerando le conseguenze dell’azione degli imputati.
In verità il marito della Scura difficilmente potrà ritrovare pace e conforto in seno alla famiglia, speranza che lo avrà sostenuto durante la triste prigionia ed i suoi figli non avranno più una madre degna di tal nome a causa dei fatti per cui è a processo, i quali hanno svelato maggiormente la tresca tra essa Scura ed il Russo, onde l’infedeltà di lei al talamo ha, altresì, incontrato vivo biasimo nell’animo di ogni persona di integra vita.
È questa l’introduzione della Corte quando si accinge a determinare le pene da infliggere ai due imputati: stima pena adeguata ai reati, considerati nei loro elementi oggettivi e soggettivi, quella di anni 4 e mesi 9 di reclusione per l’infanticidio e quella di mesi 3 per l’occultamento di cadavere. In tutto 5 anni ciascuno, più le spese e le pene accessorie. Danni non dovranno pagarne perché è stata ammazzata solo una creaturina che ha appena dato il primo vagito da coloro che l’hanno messa al mondo e che invece avrebbero dovuto tutelarla e proteggerla dai pericoli, ma evidentemente quello fra di loro non era amore.[1]
[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.