Il 16 agosto 1898 il sole è scomparso dietro Monte Cocuzzo e il rosso del cielo inonda ogni cosa. Raffaele Santelli con la zappa sulla spalla sta tornando a Cerisano dalla campagna, quando si imbatte in Salvatore Pugliano, alquanto preso a vino, che lo ferma e gli chiede:
– Hai visto mio padre? Non lo posso trovare…
– Non ti preoccupare, tuo padre non è un ragazzo da potersi smarrire – lo tranquillizza.
– Uh! – grugnisce, poi si allontana bofonchiando qualcosa.
Santelli scuote la testa divertito, poi continua per la sua strada.
Sono le nove di sera, la cinquantaquattrenne Rosaria Pulice è sull’uscio di casa quando quasi barcollando le si avvicina un uomo.
– Buonasera Rosà, fammi entrare ché voglio coricarmi con te – è il sessantatreenne Francesco Pugliano, il padre di Salvatore, visibilmente ubriaco.
– Ma che dici? Tornatene a casa!
– No, stasera mi voglio coricare con te, entriamo…
Dopo alcuni minuti di questa tiritera, Rosaria, con buoni modi per evitare possibili reazioni inconsulte e relativo scandalo, riesce a trovare le parole giuste per convincere l’uomo a tornarsene a casa:
– Francì, l’ora è tarda e tu sei avvinazzato. Per l’anima dei morti vai a casa piano piano prima che passi qualcuno e lo dica a tua moglie… – l’uomo sta qualche secondo in silenzio, pensieroso, poi risponde:
– Si, ma domani… – quindi si gira e si incammina.
Rosaria lo segue con lo sguardo fino a che l’oscurità della notte lo inghiotte, poi tira un lungo sospiro di sollievo e si segna con la croce per aver scampato il pericolo.
In questi stessi momenti, Caterina Caputo, che abita nella casa accanto a quella di Rosaria, sta dormendo; due potenti detonazioni e le grida di una donna che chiede aiuto la fanno saltare dal letto. “Sembra la voce di Rosaria” pensa mentre in fretta e furia si mette qualcosa addosso ed esce. Si, ad invocare aiuto è proprio Rosaria, gravemente ferita per colpo di arma da fuoco al collo.
– Che è successo? Chi è stato? – le chiede mentre accorrono altri vicini.
– Senza alcuna ragione sono stata colpita da Salvatore Pugliano proprio quando stavo per rientrare in casa dopo avere accompagnato suo padre che, ubriaco, voleva con me trattenersi… mi ha sparato per genio…
– E non ha detto niente? – le chiede Francesco Santelli.
– Ha detto: “cosa vuoi farne di mio padre? Tieni, pigliati questi” e poi mi ha sparato… – farfuglia.
Poco dopo arriva il dottor Carlo Greco che la visita, la medica e poi redige un certificato che consegna al Brigadiere Giuseppe Castellana, comandante la stazione di Cerisano.
Riferisco alla competente autorità giudiziaria di avere, alle ore 22, visitato Pulice Rosaria, affetta da ferita da arma da fuoco alla porzione sinistra antero-laterale del collo. La ferita si estende per circa 15 centimetri ed ha un foro d’entrata di aspetto irregolare con bordi introflessi e laceri, con deposito di chicchi di polvere pirica, situato al margine inferiore sinistro della mascella inferiore ed un foro d’uscita, anche d’aspetto irregolare con bordi estroflessi e laceri e con deposito di chicchi di polvere pirica, situato alla regione succlavia sinistra, margine inferiore ed esterno. La Pulice, inoltre, è affetta da catarro delle vie aeree superiori con spurgo sanguigno, per cui si dichiara guaribile oltre il decimo giorno con riserva.
È andata bene, poteva lasciarci le penne.
Poi il Brigadiere interroga Rosaria e lei ripete le stesse cose che ha detto ai vicini di casa. A questo punto partono le ricerche per rintracciare ed arrestare Salvatore Pugliano con l’accusa provvisoria di lesioni volontarie con arma, ma siccome ancora non è chiaro se abbia agito di concerto col padre, anche questi viene ricercato. I due, però, sono scomparsi nella notte e le ricerche sono infruttuose.
Man mano che passano le ore Rosaria sta sempre peggio e, purtroppo, alle 16,30 del 19 agosto muore. Adesso potrebbe trattarsi di omicidio se venisse accertata una relazione diretta tra la ferita da arma da fuoco e la morte sopraggiunta, quindi è necessario procedere all’esame autoptico che stabilisce le cause del decesso: la ferita da arma da fuoco riportata al collo da Pulice Rosaria non era di per sé mortale, ma ne ha cagionato la morte perché è stata il punto di partenza di una infezione setticemica sopravvenuta.
In base a questo risultato la Procura decide di rubricare il reato come omicidio volontario e nello stesso tempo viene accertato che Francesco Pugliano, ubriaco, non sapeva che suo figlio arrivò subito dopo che si era allontanato dalla casa della povera Rosaria ed esce dalle indagini. Il problema è che Salvatore è letteralmente sparito, nessuno sa dove sia e nonostante le ricerche non si fermino, nessuno lo trova per i mesi successivi, mesi che man mano diventano anni.
Quando, alla fine dell’estate del 1908, dopo dieci anni dai tragici fatti e la quasi assoluta certezza che Salvatore Pugliano sia riuscito ad espatriare clandestinamente, gli inquirenti decidono di chiudere l’istruttoria e chiedere il rinvio a giudizio in contumacia dell’imputato. Il 31 ottobre 1908, la Sezione d’Accusa accoglie la richiesta e ad occuparsi del caso sarà la Corte d’Assise di Cosenza secondo il rito contumaciale.
La causa è fissata per sabato 27 marzo 1909 e bastano un paio di ore per arrivare a sentenza: la Corte condanna in contumacia Salvatore Pugliano alla pena della reclusione per la durata di anni 21 e giorni 20, ad anni 3 di vigilanza speciale, a lire 72 di pena pecuniaria e pene accessorie.[1]
Immaginiamo le risate di Salvatore quando verrà a sapere della condanna.
[1] ASCS, Processi Penali.