È il 28 settembre 1940 quando, come ogni mattina, il postino bussa alla caserma dei Carabinieri di San Demetrio Corone per consegnare la posta. Poca roba oggi, solo due buste. L’attenzione del Maresciallo, però, viene attirata da una delle due lettere, spedita dal paese stesso e con l’indirizzo scritto male da una mano incerta. “Deve essere una lettera anonima” scommette il Maresciallo mentre apre la busta e sorride: si, è una lettera anonima, ma il sorriso gli si spegne non appena comincia a leggere che il 21 settembre scorso in S. Demetrio Corone Azzinnari Annunziata uccise, subito dopo il parto, un bambino frutto di illeciti suoi amori, aiutata dalla sua amica e colona Servadio Maria Rosa.
Immediatamente fa portare le due donne in caserma e le interroga.
– Ma quando mai! Sono le parole di persone che mi vogliono male! – protesta Annunziata.
– Non so di cosa state parlando – dice Maria Rosa.
Messa sotto torchio e sottoposta a visita ginecologica, Annunziata non può più negare:
– È vero ho partorito e mi hanno aiutato Maria Rosa Servadio e Anna Brunetti…
– Quindi due e non una… ditemi che ruolo hanno avuto.
– Anna Brunetti mi consigliò di non allacciare il cordone ombelicale al nascituro. La mattina del 21 andò a chiamare Maria Rosa e mentre partorivo sorvegliò che nella stanza non entrasse mia figlia…
– E la Servadio?
– Col mio consenso soffocò il bambino…
– Dov’è il corpicino?
– L’abbiamo seppellito in un terreno di mia proprietà…
Trovato il corpicino, è chiaro che Annunziata non ha mentito perché il cordone ombelicale non è legato e sia i segni esteriori che l’esame dei polmoni confermano che il piccolino è stato soffocato, probabilmente per evitare che si sentissero i suoi vagiti.
Maria Rosa Servadio e Anna Brunetti vengono arrestate con l’accusa di concorso in omicidio e occultamento di cadavere, ma si dichiarano, ovviamente, innocenti.
– La mattina del 21 Anna Brunetti venne a chiamarmi a casa perché mi voleva Annunziata, io non sapevo cosa volesse da me, e ci siamo avviate insieme. Nei pressi della sua abitazione prese un fascio di frascame e se lo mise sulla testa. Quando siamo arrivate era tutto già fatto…
– Stavo andando nel bosco a legnare, Annunziata mi vide e mi chiese di andare a chiamare Maria Rosa, senza dirmi il perché. Passando dalla casa di Maria Rosa le feci l’imbasciata…
Dichiarazioni in contraddizione significano problemi seri, ma ad inguaiarle del tutto ci pensano le figlie di Maria Rosa e Annunziata: la prima afferma di avere appreso la partecipazione al delitto di sua madre e di Anna Brunetti sentendone parlare alcune persone; la seconda racconta che la mattina del 21 settembre Anna Brunetti non la fece entrare nella stanza dove erano sua madre e Maria Rosa.
Poi un colpo di scena: interrogata nuovamente prima di chiudere l’istruttoria, Annunziata ritratta tutto e dice che si trattò di un parto precipitoso e che il bambino, stando lei in piedi, era caduto per terra. E quindi, se davvero così fossero andate le cose, Maria Rosa Servadio ed Anna Brunetti non avrebbero commesso alcun reato. Ma le cose non possono essere andate così, i risultati dell’autopsia sono chiari. E c’è un’altra circostanza che gli inquirenti adoperano per confutare la ritrattazione: quando rese il primo interrogatorio nel quale confessò la correità di Servadio e Brunetti, Azzinnari venne mantenuta isolata nel carcere di Rossano. Il 30 ottobre 1940 fu accomunata nella stessa camerata a Servadio e Brunetti e ciò risulta dal certificato del Direttore delle carceri di Rossano. Il 4 gennaio 1941 Azzinnari rende l’interrogatorio con il quale ritira l’accusa contro le due coimputate e si dichiara innocente. L’accordo fra le tre è evidente, preordinato alla proclamazione della loro innocenza. Non può, perciò, la ritrattazione essere creduta.
Il risultato è che, il 24 febbraio 1941, Il Giudice Istruttore rinvia tutte e tre le imputate al giudizio della Corte d’Assise di Castrovillari per rispondere di concorso in omicidio aggravato e occultamento di cadavere.
La causa si discute il 4 giugno successivo e la Corte dichiara Annunziata Azzinnari colpevole di infanticidio per causa d’onore e occultamento di cadavere e la condanna ad anni 9 di reclusione; dichiara Maria Rosa Servadio colpevole di concorso in infanticidio aggravato – senza la causale d’onore – e occultamento di cadavere e la condanna ad anni 12 di reclusione. Per entrambe pene accessorie e spese; danni da pagare non ce ne sono, visto che l’unica danneggiata è anche l’assassina. Anna Brunetti viene assolta per insufficienza di prove. Ma il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro ricorre per Cassazione contro l’assoluzione di Anna Brunetti e il 5 giugno 1942 la Suprema Corte gli dà ragione, annullando la sentenza per vizio di motivazione e invia gli atti alla Corte d’Assise di Cosenza per il nuovo processo ad Anna Brunetti.
Interrogata durante il dibattimento, l’imputata si dichiara ancora una volta innocente, ma la Corte, letti gli atti ed ascoltati i testimoni, osserva che non può dubitarsi della partecipazione della Brunetti alla consumazione del delitto di infanticidio commesso da Annunziata Azzinnari perché il 21 settembre 1941 essa si recò a chiamare Maria Rosa Servadio che, con il consenso di Annunziata Azzinnari, soffocò il nato di costei. Brunetti cercò, come ha cercato recentemente, di sostenere che chiamò Servadio senza la percezione e la consapevolezza che questa avesse dovuto compiere un delitto. Aggiunse che dovendosi recare nel bosco a legnare, su interessamento di Azzinnari, passando per l’abitazione di Servadio disse a costei che la desiderava Azzinnari. Su questa dichiarazione fu smentita da Servadio.
Quindi la partecipazione di Anna Brunetti all’orrendo infanticidio, per la Corte, è sufficientemente provata. Ciò che resta da chiarire è il grado del suo coinvolgimento che, a giudizio della Corte, fu di minima importanza. Il ruolo maggiore lo giuocò Azzinnari con Servadio. Brunetti si assunse quello di evitare che entrasse nella camera del parto la figlioletta di Azzinnari. Con o senza la di lei partecipazione il delitto si sarebbe compiuto per la persistente ed efficace opera di Servadio. Compete perciò ad Anna Brunetti l’attenuante della minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato.
Ora la pena da infliggere: considerando l’attenuante concessa, Anna Brunetti viene condannata ad anni 3 di reclusione, oltre pene accessorie e spese. Per il reato di occultamento di cadavere è intervenuta l’amnistia del 17 ottobre 1942 e quindi è dichiarato estinto.[1]
È il 14 aprile 1943 e sono passati appena due giorni dal terribile bombardamento inglese su Cosenza.
[1] Ascz, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.