MI DEVI SPOSARE!

In una imprecisata notte del 1929, Concetta Pucci sorprende sua figlia Natalina Argento coricata nel suo letto con Luigi Crapanzano. Ovviamente, per evitare lo scandalo, i due giovani devono sposarsi, ma Luigi, sebbene amoreggi con Natalina da parecchio tempo e malgrado le molteplici sollecitazioni che riceve è riluttante a fare il grande passo. Perché è riluttante? Ufficialmente per problemi di dote, ma in realtà a farlo vacillare sono le confidenze che riceve sulla cattiva condotta della ragazza. Di rinvio in rinvio passano un paio di anni e Luigi, forse cedendo alle minacce della famiglia Argento o per altra causa non bene certa, deve, assai mal volentieri, fare la richiesta di pubblicazioni di matrimonio sia davanti alla Chiesa che allo Stato Civile.

Tutto è bene quel che finisce bene, verrebbe da dire, ma c’è un ma: le due famiglie, per arrivare al fatidico SÌ, si sono accordate sulla opportunità che, una volta celebrato il matrimonio, gli sposi vivano ognuno per conto proprio. Insomma è solo un matrimonio di facciata, ma almeno l’onore di Natalina è salvo.

Salvo un corno perché Luigi qualche giorno dopo abbandona il paese per ignota destinazione. A questo punto, i genitori di Natalina, perduta ogni speranza circa il matrimonio con Crapanzano, si vendicano querelando costui per violazione di domicilio ai loro danni, ottenendone la condanna a 18 mesi di reclusione.

Luigi resta lontano dal paese per quattro anni, cioè fino a quando, scontata la pena, crede che il lungo tempo trascorso e la condanna subita abbiano fugato dall’animo di Natalina ogni pretesa di matrimonio ed ogni desiderio di rappresaglia.

– Guarda che possono pure passare altri dieci anni, ma Natalina vuole essere sposata da te e tu devi sposartela – gli riferiscono immediatamente parenti e amici della donna.

– Non se ne parla nemmeno! Ho seri motivi di deplorazione della sua condotta. Comunque sono disposto ad un abboccamento con Natalina e i suoi familiari per far conoscere le mie doglianze, ma a condizione che siano presenti anche degli estranei

L’incontro però non si fa perché Natalina e i suoi familiari sono contrari e Luigi scrive ad un comune amico:

Sono sempre pronto a chiarire alla presenza di testimoni estranei come stanno i fatti. Mi sono allontanato, non per viltà, ma per evitare dispiaceri ai miei ed alla famiglia Argento, la quale si era illusa che io fossi un vile e che nelle sue mani diventassi un pappagallo. Se Natalina rimane in mezzo alla strada, io ne avrò dolore per tutta la vita, ma non ho che farle. Ella non può negare di quante volte l’ho avvertita e rimproverata, quando si era in relazione, ma ella delle mie parole non ne volle tener conto, facendo i suoi comodi.

Poco tempo dopo, Luigi, visto che gli Argento continuano a tentare di costringerlo a sposare Natalina, lascia di nuovo il paese andandosene in Sicilia, da dove torna nel 1935 stabilendosi a Cosenza per evitare discussioni.

Ma nemmeno in città trova pace perché Natalina lo scova e, spalleggiata dai fratelli, comincia a minacciarlo. Luigi è esasperato e decide di fare espressa denunzia al Questore il quale, il 20 novembre 1935, dà incarico ai Carabinieri di diffidare la giovane dal continuare le molestie.

Na Natalina non è donna da preoccuparsi per la diffida, tanto più che trova nei parenti buona esca alla sua collera. Una sua zia, infatti, è stata sentita affermare con iattanza che non avrebbe più fatto passeggiare Luigi.

Ormai è chiaro che Natalina pretende di essere sposata ad ogni costo, non già per trasporto d’amore, né per incorretto senso di dignità poiché ha acconsentito che Luigi, una volta sposatala, possa vivere liberamente in tresca con la donna con la quale da più tempo trovasi in unione di fatto, ma che vuole essere sposata per calcolo e per prepotenza.

E sì, viene a galla anche la relazione di Luigi che, forte di questo legame, non cede alle pressioni e allora Natalina pensa di dare esecuzione concreta alla sue minacce di morte, cominciando con l’acquistare una rivoltella, denunciandone perfino il possesso.

Luigi e la sua compagna, da parte loro, pensano che sia opportuno sposarsi e trasferirsi in paese, nella supposizione che il nuovo stato sia condizione sufficiente per disarmare l’animo di Natalina, non potendo più sperare nel matrimonio. Niente di più sbagliato perché il matrimonio di Luigi non fa altro che accelerare la decisione di Natalina di ammazzarlo, cominciando col crearsi delle scusanti, quale quella di far credere che Luigi la dileggi.

Sono quasi le 15,00 del 26 febbraio 1936 quando Natalina esce con la rivoltella nella tasca del grembiule e si mette a girare per le vie del paese in cerca di Luigi. Lo trova sulla via principale, intento a discorrere con alcuni amici. Gli si avvicina di soppiatto alle spalle e, quando è sicura di non poter sbagliare, tira due volte il grilletto. Le due detonazioni colgono tutti di sorpresa causando un fuggi fuggi generale. Luigi sta per cadere a terra urlando dal dolore al gluteo e all’avambraccio sinistri, poi si tiene in equilibrio poggiandosi sul bastone da passeggio. Anche i suoi amici, dopo un attimo di smarrimento, corrono a mettersi al riparo, temendo per la propria vita, dato che la donna ha ancora la rivoltella in mano e continua a puntarla contro Luigi.

Ma all’ultimo secondo la mano di Natalina ha tremato e non lo ha ucciso. Meravigliata e delusa per il fallimento, resta per qualche secondo indecisa sul da farsi, il tempo necessario affinché Luigi, con la forza della disperazione, le tiri una bastonata sulla mano armata facendole cadere a terra la rivoltella. Dopo di che le salta addosso afferrandola, ma ne ha la peggio perché Natalina ha la furia della tigre ferita e gli graffia a sangue il viso e le mani, facendogli lasciare la presa. Adesso i due si guardano negli occhi pieni di odio, pronti a lanciarsi di nuovo l’una contro l’altro per regolare i conti una volta per tutte, ma proprio in questo momento si mette tra di loro un amico di Luigi, uscito dal suo riparo.

Natalina si rilassa un attimo e proprio in quell’attimo Luigi estrae la sua Beretta e spara cinque dei sette colpi a disposizione contro Natalina che si affloscia come un sacco vuoto, morta all’istante.

Poi, zoppicando, Luigi torna a casa per farsi medicare le ferite ed è qui che i Carabinieri lo dichiarano in arresto e lo portano in ospedale.

– Si, l’ho ammazzata io – confessa, essendo evidente che non può affermare il contrario – ho messo mano alla pistola e ho sparato quando, diviso da Natalina, mi sono accorto che si accingeva a riprendere da terra la sua rivoltella

L’istruttoria è rapida ed il 15 ottobre 1936 Luigi siede sul banco degli imputati nell’aula della Corte d’Assise di Cosenza.

Durante il dibattimento vengono chiariti alcuni aspetti della vicenda. Per esempio, i tentativi di Natalina di precostituirsi delle scusanti da utilizzare a proprio vantaggio dopo avere ucciso Luigi, che la parte civile vorrebbe adesso usare contro l’imputato, risultano un fiasco clamoroso perché i suoi migliori testi (la madre di Natalina, una zia e il suo drudo), richiesti di specificare in che consistessero gli asserti atti provocatori che avrebbe fatto l’imputato, rispondono di non ricordare nulla o di averlo visto passare due o tre volte sotto la finestra della sua casa donde non era mai passato!

Così la Corte si convince che se Natalina Argento da una parte studiava di creare falsamente una scusante alla sua follia, cioè all’atto criminoso che avea giurato di compiere, dall’altra Luigi, con la sua condotta libertina e seduttrice, è stato la causa causarum dei fatti che alla Argento apportarono il disonore, prima, e la morte, dopo.

Per la difesa Luigi ha agito legittimamente per difendere la propria vita da un pericolo grave ed imminente e sotto l’effetto di una provocazione grave, mentre per l’accusa non c’è legittima difesa e resta ferma l’accusa di omicidio, con il beneficio della provocazione grave, perché avendo costui, mercé il colpo di bastone, disarmata l’avversaria, non aveva più nulla da temere da lei, onde sparandole contro intese punirla, piuttosto che difendersi.

Quindi, come risolvere la questione? Qual è la responsabilità per la quale Luigi deve essere, eventualmente, condannato?

La Corte, rispondendo alla tesi dell’accusa, argomenta: Un ragionamento così fatto è troppo semplicistico per poter essere preso a base del giudizio di responsabilità, non tenendosi esatto conto di tutte le condizioni obiettive che premettero sulla volontà e sulla coscienza dell’imputato, né di quello soggettivo. E spiega: è fuori di dubbio che quando il Crapanzano venne diviso ed allontanato dalla Argento di qualche metro trovavasi da un canto minorato per le due gravi ferite ricevute e dall’altro era a portata di mano dell’avversaria la quale, pericolosissima avendo a sua disposizione l’integrità della sua giovanile forza, resa più formidabile perché a servizio di un odio mortale, né è escluso, se pure non sia vero, come afferma l’imputato, ch’ella potesse riprendere la rivoltella  caduta, per cui non è saggio affermare che l’imputato fosse uscito dal pericolo pel solo fatto che l’Argento era rimasta inerme. E ben puossi supporre che la Argento, la quale lo odiava senza possibilità di perdono, si fosse premunita, oltre che della rivoltella, anche di altra arma, tanto più che della sua decisione di chiudere tragicamente il conto col Crapanzano aveva dato più di una volta prova minacciandolo spessissimo, sparandolo a bruciapelo e non schivando nemmeno la lotta corpo a corpo, ch’ella rese cruenta. Non è da meravigliare, pertanto, se il Crapanzano, dopo diviso dalla Argento, si sentisse ancora in pericolo e continuasse a difendersi per avere ragione della stessa.

Secondo questo ragionamento dovrebbe essere evidente che Luigi agì in stato di legittima difesa, ma c’è ancora qualcosa da chiarire. Continua la Corte: Ma evidentemente egli eccedeva usando la pistola contro la donna inerme perché bastava, per modificarne ed annientarne l’aggressività, che continuasse ad usare quello stesso bastone che gli era stato idoneo per disarmarla. Certamente sarebbe stato sufficiente qualche altro colpo per stordirla e renderla inoffensiva e, così facendo, avrebbe risparmiato a sé stesso il rimorso d’un omicidio ed avrebbe fatto dono della vita alla nemica, che non era assolutamente necessario di sopprimerle. È manifesto che l’uso della pistola e soprattutto la iterazione dei colpi, giustificatissimi nel primo momento, cioè quando il Crapanzano veniva a trovarsi sotto il tiro dell’arma della Argento, divennero esuberanti ed illogicamente eccessivi nel secondo momento, quando l’avversaria, per essere stata disarmata, non costituiva un pericolo così grave che non potesse essere fugato con l’uso del bastone, rimasto sempre a portata di mano dell’imputato. La reazione a colpi di pistola fu imprudente, onde l’evento che ne seguì, cioè la morte della Argento, deve andare imputato a colpa dell’agente, assumendo veste e sostanza di omicidio colposo.

Il suo comportamento non può meritare blandizie di sorta e l’imputato deve andare condannato, quale responsabile di omicidio colposo, alla pena di anni cinque di reclusione, più sei mesi di arresto per l’abusiva asportazione di pistola, più pene accessorie.

È il 15 ottobre 1936.

Il 24 aprile 1958 la Corte d’Appello di Catanzaro emette sentenza di riabilitazione nei confronti di Luigi.[1]

[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte di Assise di Cosenza.

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