LE POLPETTE AVVELENATE

È la notte tra mercoledì 29 e giovedì 30 settembre 1915. Sono da poco passate le 2,00 quando per le vie di Paola camminano Concetta Chianello, 21 anni, e sua sorella Gelsomina, che di anni ne ha 18; con loro ci sono altre quattro o cinque persone. La comitiva si ferma davanti alla porta della ventiduenne Assunta Serpa e bussano. Bussano anche a casa di Rosina Serio e aspettano che le porte si aprano.

– Buongiorno Assù – fa Concetta – stiamo andando in montagna a fare legna, ci vuoi venire? – poi ripete la stessa domanda a Rosina la quale declina l’invito dicendo di non sentirsi bene. Assunta invece accetta e fa alzare anche suo fratello Luigi. In pochi minuti sono pronti e tutti insieme si avviano verso il monte.

Fatta un po’ di strada, Concetta rimane indietro e chiama Assunta per aspettarla e così le due ragazze rimangono praticamente da sole, staccate dal resto della comitiva. Parlano del più e del meno e la cosa appare piuttosto singolare visti i rapporti molto tesi tra le due che si contendolo lo stesso uomo, Giuseppe Barroso, marito di Assunta e amante di Concetta. L’uomo, 23 anni, non è in paese ma al fronte, richiamato alle armi da un paio di mesi, ed è già stato causa di un violento litigio tra le due ragazze che ha portato, tre anni prima, alla condanna di Concetta a dieci giorni di reclusione per le botte che ha dato ad Assunta in mezzo alla strada.

– Tieni, mangiati queste – dice Concetta offrendo due polpette di patate ad Assunta – le ho fritte ieri sera…

– Grazie – risponde l’altra, mordendone, appena appena, una, ma il sapore amarissimo del boccone le fa storcere il muso. Vorrebbe sputarlo ma lo manda giù per evitare altre questioni e con un gesto furtivo ripone le restanti nel tascone del grembiale, ripromettendosi di buttarle non appena Concetta sarà un po’ distante da lei. Poi però le viene un dubbio atroce: che alla rivale non sia venuto in mente di avvelenarla per toglierla di mezzo e restare da sola con Giuseppe? Così decide di mettere alla prova Concetta e chiama il fratello per offrirgli una polpetta

No! Non gliene devi dare perché non se ne merita! – la blocca. Ma questo non fa che aumentare i sospetti di Assunta che, ad alta voce perché tutta la comitiva senta, protesta

– Mi hai dato una polpetta che è tanto amara

Va pigliala ‘nculu! E mangiala che è buona, è l’olio da 26 soldi che ha un cattivo odore!

A questo punto interviene Gelsomina, la sorella di Concetta che conferma

Si, è l’olio ch’è cattivo. Ieri sera ne ho mangiate tre di queste polpette, mangiale che sono buone!

– Dove le hai messe? Le hai mangiate? – le chiede con insistenza Concetta

– Si, le ho mangiate… – mente Assunta

– Non ti credo, fammi vedere se le hai in tasca – continua Concetta

– Ti giuro che le ho mangiate – continua a mentire, ottenendo di convincere la rivale che le polpette le aveva davvero mangiate. Concetta, rassicurata, lascia la comitiva insieme alla sorella per andare a raccogliere neve, mentre gli altri vanno a far legna.

Tornata a Paola, Assunta, alla quale è venuto un forte bruciore di stomaco, va da un farmacista a fargli vedere le polpette per avere un parere. L’assistente farmacista Oreste Maraviglia le osserva attentamente e poi sentenzia

– Se ne avessi mangiata una sola di queste, saresti rimasta fulminata! Vai subito da un medico e fatti consigliare il da farsi

Così Assunta consulta il dottor Natale Logatto che le consiglia di mescolare dei bianchi d’uovo con latte e acqua calda e di bere il tutto. Il miscuglio produce il suo effetto: Assunta vomita così tanto che gli occhi le escono di fuori, ma adesso è certa che non morirà perché è altrettanto certa la sua convinzione che le polpette siano davvero avvelenate.

Le parole dette in montagna davanti a tutta la comitiva, magari una parola del farmacista e un’altra del medico, scatenano a Paola le chiacchiere sull’accaduto, tanto che qualcuno giura di avere sentito la sorella maggiore di Concetta pronunciare queste parole: Quando hai visto che Assunta le ha mangiate e non è morta, avresti dovuto farla in due pezzi con la scure!

Di fronte alle voci incontrollate, i genitori di Concetta cercano di metterci una pezza e vanno a supplicare la madre di Assunta di perdonare Concetta

Perdonatela per questa volta che non è successo nulla, se mancherà un’altra volta, la farete fucilare!

Ma il perdono non arriva e non può arrivare: in ballo c’è sempre Giuseppe e quale migliore occasione per Assunta di vendicarsi dell’amante del marito? Così va dai Carabinieri e la denuncia per mancato omicidio. L’accusa è gravissima e le prime informazioni raccolte dal Maresciallo Paolo Briatico portano tutte verso la colpevolezza di Concetta e quindi la mette in stato di arresto

Quanto racconta la Serpa è tutto un tessuto di bugie. È falso che io abbia avuto rapporti con Barroso Giuseppe, marito della Serpa. È lei che senza alcun giustificato motivo si è messa in testa una simile cosa; epperò, dopo avermi arrecato parecchi disturbi, oggi ha architettato questa denunzia. È falso che io ieri mi sia recata alle ore 2 del mattino a chiamarla per andare insieme a legna. Io andavo invece per mio conto ed insieme con mia sorella Gelsomina per la neve ed ero accompagnata da Cinelli Luigi, Federico Maddalena e Molinari Emilio. Per via mi incontrai con la Serpa e con altri ma dopo aver fatto un pezzo di strada insieme, noi cinque della prima comitiva li lasciammo proseguendo innanzi. È falso ugualmente che durante questo incontro o in altre circostanze le abbia dato delle frittelle, invitandola a rimanere un po’ dietro agli altri con me

Negare su tutta la linea. Concetta non cede di un millimetro e solo le persone presenti sulla via per la montagna possono, forse, fare un po’ di chiarezza. È ovvio, comunque, che bisognerà far fare una perizia sulle polpette che il Maresciallo ha provveduto a sequestrare

– La notte fra mercoledì e giovedì siamo andati in cerca di legna secca Emilio Molinari, sua moglie e altri. Siamo partiti da Paola verso le 3 del mattino e arrivati in contrada Ricetto abbiamo incontrato un’altra comitiva della quale facevano parte anche Concetta Chianello, sua sorella Gelsomina e Assunta Serpa che mi ha chiamato in disparte dicendomi: Vieni che ti faccio vedere una polpetta che ho conservato nel grembiale. Io, però, avendo un po’ di fretta ho continuato a camminare velocemente e non ho visto la polpetta. Concetta mente se afferma che siamo partiti insieme da Paola. Devo aggiungere – continua Luigi Cinelli – che al ritorno ho incontrato di nuovo Assunta nel Vallone di Catalano e l’ho vista attorniata da molte persone. Quando mi ha visto, mi ha chiamato di nuovo e mi ha mostrato delle polpette che ha tolto dalla tasca del grembiale. Ho notato subito il loro strano colore verde… sembrava che vi fosse il vitriuolo

– È falso che la notte tra mercoledì e giovedì sia andato in montagna con le sorelle Chianello. Io ho la fornitura della neve e mi servo delle suddette sorelle per il trasporto dalla montagna a Paola, ma non le accompagno mai! – giura Federico Maddalena

– La notte dal 29 al 30 settembre, verso le due del mattino Concetta Chianello venne a gridarmi sotto la mia finestra per dirmi se volevo andare in montagna e che era tardo. Dopo di me chiamò Assunta Serpa dicendole la stessa cosa. Io le risposi che non potevo andare, invece Assunta andò con loro – dice Rosina Serio

Insomma, un cumulo di bugie quelle dette da Concetta, smentita anche sui suoi rapporti col marito di Assunta

Mi consta che Concetta Chianello ebbe rapporti intimi con Barroso Giuseppe e quando costui era celibe e dopo che sposò Serpa Assunta. Ciò, del resto, è notorio in Paola. – afferma Maddalena Pinnola, che aggiunge – Ieri verso mezzogiorno, Rosaria Imbroinise, la madre di Concetta, venne nel nostro vicinato per implorare il perdono dei genitori di Assunta. Forse per la forte emozione, fu colta da svenimenti e io dovetti portarla ed adagiarla sul mio letto. Quando sopraggiunse Raffaela Chiappetta, madre di Serpa Assunta, l’afferrò per le braccia e ripetutamente la supplicò di volerle perdonare la figlia

Quando il Giudice Istruttore interroga Raffaella Chiappetta, salta quasi sulla sedia

Non è nuovo nella famiglia Chianello il tentativo di avvelenamento e per ragioni di tresca col marito della designata vittima. Circa quattro anni fa, la sorella della Chianello Concetta a nome Luisa, tentò di avvelenare una donna, che mio marito conosce, perché la Luisa aveva rapporti intimi col marito di quest’ultima. Vi fu un analogo processo e, mentre la Luisa fuggì in America, essa riportò una condanna, se non erro, a 28 mesi – poi continua – tutto il paese sa che mio genero amoreggiava con Concetta, la quale era riuscita, anni fa, a non fare sposare Giuseppe e Assunta, che, dopo il matrimonio, è stata sempre maltrattata dal marito

– Sono militare di leva a Napoli e sono in licenza a casa per malattia. – esordisce Ercole Panno – Con me c’è il compaesano Giuseppe Barroso e prima di partire gli chiesi se avesse qualcosa da mandare a sua moglie o alla sua famiglia, ma mi rispose di no. Mi consegnò, invece, un anellino di scarso valore, credo fosse di ottone, pregandomi di consegnarlo personalmente a tale Concetta Chianello. Io gli dissi che non la conoscevo e lui mi rispose che era una donna che faceva il mestiere di legnaiuola che abitava nell’area di S. Francesco e che mi sarei potuto informare della sua abitazione. Quando, il 6 luglio scorso, arrivai in paese sono andato a cercarla e mi sono fatto indicare la casa. La ragazza mostrava di non voler prendere l’anello dicendomi: Ma certamente l’anello non viene a me ma alla madre del Barroso. Io le risposi che Giuseppe mi aveva detto di darlo proprio a lei e così lo prese e mi disse: Va bene, significa che lo porterò io stessa alla madre del Barroso. Io non so se quell’anello lo ha davvero consegnato alla madre di Giuseppe, né gli ho scritto per comunicargli la cosa. Quando le ho dato l’anello con lei c’era un uomo che mi disse di chiamarsi Nicola, ma non so il cognome

– Questo è l’anello che mi ha consegnato Concetta – dice Assunta Manna, la madre di Giuseppe, mostrando una fascetta dorata con incastonato un brillante falso. L’anello me lo ha dato perché ella non aveva rapporti con mio figlio. Non so spiegarmi perché Giuseppe avesse fatto il donativo dell’anello a Concetta con la quale non ha mai amoreggiato

– Quello che dice mia suocera è falso! È proprio lei che favorisce la tresca tra mio marito e Concetta – giura Assunta

Non è vero che il 30 settembre al mattino, si fosse andate in campagna da me e mia sorella insieme con la Serpa Assunta che noi avremmo chiamato da casa, né tantomeno che per istrada mia sorella le avesse offerto delle frittelle. È vero che andai in campagna con la Concetta, ma non c’imbattemmo con la nominata Serpa – giura Gelsomina Chianello nel tentativo di offrire un aiuto alla sorella ma, così facendo, si butta la zappa sui piedi e viene arrestata per complicità nel tentativo di avvelenamento.

A questo punto si aspetta solo che arrivi la perizia tossicologica del dottor Luigi Cavalli sulle polpette per chiudere l’istruttoria.

Si, le polpette erano davvero avvelenate.

Al quesito propostoci dal Magistrato circa la natura del veleno, rispondiamo che il veleno propinato fu il bicloruro di mercurio o sublimato corrosivo.

La quantità nel reperto affidatomi (metà) fu di gr. 0,835.

In quanto alla dose tossica, capace di produrre la morte, diciamo che se il sublimato corrosivo per uso interno si può prescrivere alla dose di 5 milligrammi a 25 milligrammi pro die e per lo più associato all’oppio, si può dire che oltre tale limite possa diventare dose tossica. Ciò si comprende perfettamente trattandosi di un composto solubile che appena toccate le prime vie si diffonde con rapidità, entra nel sangue, forma degli albuminati, desalifica le ossa, mettendo in libertà combinazioni saline: vero quindi come la dose tossica del sublimato possa essere indicata quella che appena sorpassa la dose terapeutica. È poi unanimemente riconosciuto che se si parlasse di una dose dai 10 ai 15 centigrammi, sarebbe a dirsi mortale.

Nel reperto affidatoci vennero rinvenuti anche dei pezzettini di vetro, aggiunti a fine delittuoso naturalmente. Non avendo essi alcuna azione tossica ma semplicemente meccanica e trascurabile, riferiamo esclusivamente a scopo processuale.

Concetta è fritta come erano fritte le polpette avvelenate. Ma se mai ci sarebbe potuta essere una scappatoia, la mazzata finale gliela da proprio Giuseppe Barroso spedendole in carcere una cartolina, a firma Cataldo Giuseppe, che viene immediatamente sequestrata:

Cara Concetta

Finora ti ho scritto due cartoline e non ho ricevuto risposta, perché motivo è questa tardanza a non rispondere? Da quando son partito non ho scritto altro che a te solamente, che pensi che ho scritto a qualche altra? Ti sbagli

Non altro pronta risposta e salutandovi calorosamente suo per sempre

Cataldo Giuseppe

Concetta e Gelsomina vengono rinviate a giudizio per tentato omicidio. L’esito sarà completamente diverso per le due sorelle: il 19 marzo 1917 Gelsomina viene assolta per non aver commesso il fatto, mentre Concetta viene condannata a 10 anni, 6 mesi e 10 giorni di reclusione.

Il 17 giugno 1917 la Corte di Cassazione rigetta il ricorso di Concetta e ci sarà tempo per meditare sull’impasto delle polpette.[1]


[1] ASCS, Processi Penali.

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