È la tarda mattinata del 13 dicembre 1951, il venticinquenne Valter Marchianò sta camminando lungo il viottolo che dal rione Case Mutilati porta in contrada Muoio Piccolo di Cosenza in cerca di muschio per il presepe. Imboccato il sentiero, percorre circa un chilometro sino a giungere all’altezza della proprietà Bombini.
In tale zona il sentiero, che è accidentato e ripido, ha una larghezza media di circa un metro e mezzo e presenta, alla sinistra di chi sale, una profonda cunetta per lo scolo delle acque, con numerose buche scavate dall’erosione dell’acqua; a destra invece vi è una scarpata alta dal fondo del viottolo circa un metro e trenta centimetri. Al di sopra della scarpata stessa sorge una grossa quercia. Lì ci deve essere dell’ottimo muschio, così Valter decide di andare a vedere, ma ha il problema di dover saltare, meglio ancora aggirare, un fossato del diametro di circa un metro e profondo una ottantina di centimetri, quasi colmato dalla pioggia dei giorni precedenti.
Il giovane dà un’occhiata distratta alla pozza e nota sul fondo fangoso qualcosa di strano, forse la sagoma di un animale morto. Guarda meglio. Urla e fa un salto all’indietro terrorizzato, quello che è nel fondo della pozza non è un animale, ma un neonato!
Valter corre, corre a perdifiato fino alla Questura dove cerca di spiegare con frasi smozzicate quello che ha visto. Lo fanno salire in una macchina e poi guidare gli agenti fino al posto.
Un secchio, ci vuole un secchio per svuotare la pozza. Lì vicino c’è la casa di un contadino, Gaetano Orrico, gli chiedono di aiutarli. Sul fondo della pozza si rinviene un feto di sesso maschile tutto infangato, prono, raggomitolato su sé stesso e rigido. Arriva il medico legale, Luigi Bianchi, che prende in custodia il corpicino e lo porta in ospedale per i rilievi del caso.
Intanto gli agenti perlustrano i dintorni della pozza: ai piedi della quercia il fieno è pestato e si scorgono abbondanti tracce di sangue che scorre lungo la scarpata, arrivando sino al fondo del viottolo. Nel fieno gli agenti trovano un pettinino azzurro da donna, il che, unito al sangue, sta ad indicare che quasi sicuramente il parto è avvenuto proprio lì, ma non si sa quando.
– La mattina dell’11 dicembre – racconta Orrico – mentre transitavo sul sentiero di ritorno da Cosenza, diretto a casa mia, assieme a Pietro Bernardo, abbiamo visto una grossa pozza di sangue sulla scarpata, ma non ci abbiamo prestato molta attenzione pensando che, come spesso avviene in questa contrada, vi avessero sgozzato qualche agnello rubato nei pressi… ma, ora che ci penso – aggiunge – quella notte aveva piovuto e continuò a piovere per tutta la giornata e la fossa era piena di acqua. Inoltre quella notte, verso le 3, tutti i cani della zona hanno abbaiato a lungo…
Ecco, adesso, con questi altri elementi si può pensare che il parto sia avvenuto la notte dell’11 dicembre 1951 intorno alle 3,00, anche se la rigidità del cadaverino lascerebbe pensare che sia avvenuta la notte tra il 12 e il 13 dicembre, ma il dottor Bianchi è convinto che questa circostanza non contrasti con l’ipotesi iniziale perché bisogna considerare che il corpicino è stato in acqua due giorni, esposto ad un clima rigidissimo che lo ha quasi congelato.
Dagli accertamenti eseguiti dal dottor Bianchi emerge che il bambino pesava 3 chili e mezzo circa ed era lungo 52 centimetri, i femori sono completamente ossificati. Un parto a termine. Il cordone ombelicale è rotto per strappo ed è ancora visibile il tumore da parto, il che dimostra che il bambino era nato vivo e la morte avvenne subito dopo la nascita, circostanza confermata dal fatto che, praticata la docimasia polmonare, i polmoni, di colorito roseo, sono pieni di aria e galleggiano. Questo, però, significa anche che la morte non è avvenuta per annegamento, ma che il bambino fu gettato nella fossa piena di acqua quando era già morto. E allora bisogna continuare a sezionare il corpicino alla ricerca della causa della morte.
Ecco, ci siamo: il perito riscontra la frattura dei parietali nella parte alta, dovuta a corpo contundente. Forse il piccolo innocente è stato preso per i piedini e sbattuto a terra, forse è stato colpito con una pietra dopo il primo respiro e probabilmente senza avere il tempo di emettere il primo vagito o, forse, il parto precipitoso, ha determinato la caduta del feto con urto della testa contro corpo contundente, come se la madre lo avesse partorito stando in piedi.
Il dottor Bianchi adesso è in grado di stabilire la causa della morte: emorragia cerebrale da urto della testa contro corpo contundente ed emorragia ombelicale da mancata legatura.
Il caso, ovviamente, suscita sdegno:
Alla Questura di Cosenza
Prego farmi tenere l’esito delle indagini esperite per l’identificazione del responsabile dell’uccisione del neonato.
14 dicembre ‘51
Il Procuratore della Repubblica
Vattelapesca. Se nessuna donna si è presentata in ospedale accusando emorragie, dove la vai a cercare?
Alla Procura della Repubblica di Cosenza,
14/12/1951
Sono in corso attivissime indagini e si fa riserva di riferire con dettagliato rapporto.
Il Funzionario di P.S.
Le indagini proseguono fino al 31 gennaio 1952, poi il Pubblico Ministero si arrende e chiede al Giudice Istruttore che sia dichiarato il non doversi procedere per essere ignoti coloro che hanno commesso il reato, cosa che avviene l’8 marzo successivo.[1]
Gli ignobili ignoti l’hanno fatta franca.
[1] ASCS, Processi definiti in istruttoria.
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