PROSIT!

– Papà… c’è un giovanotto che vorrebbe corteggiarmi per fidanzarsi con me… – siamo a Rota Greca negli ultimi giorni del 1927. Maddalena Martino, diciotto anni, con il coraggio che le dà l’amore, affronta il delicatissimo argomento.

– E chi sarebbe questo giovanotto? – le chiede bruscamente il padre, senza alzare gli occhi dal piatto dal quale sta mangiando una misera minestra.

– Angelo Lombardo di Santa Maria Le Grotte… il figlio di…

– Ah! Ho capito! Una buona famiglia, molto meglio di noi poveracci… – alza gli occhi e guarda sua moglie che gli abbozza un sorriso di compiacimento – si può fare… si può fare… fagli sapere che può venire a presentarsi…

Nello stesso momento Angelo Lombardo affronta lo stesso argomento con i suoi genitori, ma il risultato è completamente diverso:

– La figlia di quel morto di fame di Ciccio Martino? Cacciatelo dalla testa, il consenso non te lo darò né ora e né mai!

Il problema, per Angelo, è dirlo alla sua amata. Preferisce prendere tempo, inventare mille scuse per dire che suo padre è malato, che non è il momento, poi che è partito. Ma Maddalena non è stupida e capisce tutto. È abbattuta, ma la sua vita deve andare avanti e, facendo tacere il suo cuore, affronta Angelo:

– Angelo, parliamoci chiaro. Ci siamo illusi, io non sono tua pari e tu non mi sposerai mai. Lasciami libera, te ne prego, tronca ogni rapporto con me e non venire più a casa mia, non cercarmi più, così… – continua mentre le lacrime cominciano a rigarle il viso – così potrò accettare la corte di Luigi Pellegrino, un giovane della mia condizione.

 Il giovane non può accettare tutto questo: lui ama Maddalena oltre ogni immaginazione. Piange, bestemmia, si strappa i capelli, si batte il viso con le mani:

– Non mi lasciare, Maddalena non mi lasciare! Ti giuro… io ti giuro sull’amore che provo per te che io, ad ogni costo e anche contro il volere dei miei genitori, appena raggiungo la maggiore età, ti sposerò! Ti scongiuro… io al tuo amore non posso assolutamente rinunziare!

Maddalena non ha più lacrime da piangere. Con gli occhi bassi, combattuta, tormenta tra le mani un fazzoletto. Poi alza lo sguardo verso quello di Angelo e lo incontra. I due volti si illuminano con un sorriso sincero e le mani si intrecciano per suggellare il loro nuovo patto d’amore e così l’idillio, contenuto sempre in limiti onesti, continua per altri due o tre anni.

Però un giorno avviene, purtroppo, quello che in casi analoghi quasi sempre accade: i sensi hanno il predominio ed i rapporti diventano intimi e quindi nuove promesse e nuovi giuramenti della sicura celebrazione delle giuste nozze.

E con i rapporti intimi, come accade molto spesso se non si prendono precauzioni, Maddalena rimane incinta. Sarebbe l’occasione buona per accelerare il tanto sospirato matrimonio, invece Angelo, a poco a poco, si allontana affettivamente da Maddalena, tanto da arrivare a proporle manovre abortive, onde distruggere la prova dei loro accoppiamenti e mettersi, così, in condizione di poter respingere qualsiasi pretesa di Maddalena.

No, Maddalena non ci sta e respinge sdegnosamente queste proposte, accompagnate come al solito da preghiere e lagrime. Anzi, va dai Carabinieri e lo denuncia per violenza carnale. I due sono ormai nemici e i genitori di Maddalena, per la vergogna, la cacciano di casa. Nemmeno la nascita di un bel bambino serve a riavvicinarli, ma almeno la ragazza viene riaccolta in casa dai genitori.

Le spese aumentano e le condizioni economiche della famiglia Martino peggiorano, così decidono di andare a pregare i Lombardo per un aiuto finanziario, recisamente respinto.

Tutto questo, però, a qualcosa serve. Serve a scoprire che Angelo Lombardo è un libertino che ha cercato e cerca di sedurre altre ragazze. Figurarsi che nonostante tutto quello che ha combinato con Maddalena, non ancora soddisfatto delle sue carni, ha la faccia tosta di ricominciare a corteggiarla con i suoi soliti modi e le solite promesse di matrimonio e Maddalena, con un figlio, con una fame che toglie la vista dagli occhi dalla mattina alla sera, con la disperazione di non avere un domani e con la speranza di un sincero ravvedimento, data la presenza del bambino, ci ricasca e lo accoglie di nuovo.

E di nuovo è ingannata perché Angelo, mentre frequenta la sua casa e le dichiara incessantemente che il suo amore per lei è immenso e lo suggellerà con il matrimonio, facendo allontanare anche qualche onesto pretendente alla mano di Maddalena, si fidanza ufficialmente con un’altra ragazza di Rota Greca, Assunta Ominelli.

– Ma spiegami, spiegami perché! Perché mi hai fatto questo? Sono la tua puttana, io? E questa creatura? Non ci pensi più o non ci hai mai pensato? Che uomo sei?

– Ma stai tranquilla! Ti dico che il fidanzamento con Assunta è solo una finzione… l’ho fatto esclusivamente per accontentare i miei genitori… ma io sposerò te, la donna del mio cuore! – e con queste belle parole riesce anche questa volta a calmarla.

Con questo tira e molla continuo si va avanti fino al 20 gennaio 1932, il giorno, contrariamente a quanto ha sempre giurato, fissato per il matrimonio tra Angelo e Assunta.

È un vero capolavoro perché Angelo è riuscito a tenere la notizia segreta fino, praticamente, al momento di uscire di casa in corteo per andare in chiesa. Maddalena guarda, a bocca aperta e occhi sgranati, Angelo e Assunta passare insieme sotto la sua finestra. In questo momento ha la visione esatta del tremendo tradimento di cui è vittima e dell’avvenire fosco suo e di suo figlio. La sorpresa si muta in rabbia e la rabbia in odio e l’idea della vendetta balena nella sua mente e non ci pensa due volte. Prende un lungo coltello, di quelli che si adoperano per scannare i maiali, esce di casa e si nasconde in un vicolo aspettando pazientemente  il ritorno del corteo dalla chiesa.

Ecco, stanno arrivando. Le voci allegre, le risate, gli auguri, si avvicinano sempre di più. Ecco, stanno girando l’angolo. Lo scannaturu è nascosto sotto il grembiale; con passo deciso esce dal vicolo e si appiattisce contro un muro. La prima coppia del corteo è formata da Assunta e da un uomo di Santa Maria. La seconda è formata da Angelo e da una signora. Al momento opportuno scatta dal muro e si para davanti ad Angelo, che la guarda sorpreso. È un attimo, la lunga lama luccica al freddo sole di gennaio:

Prosit! – gli dice mentre la lama scatta in avanti, penetrando nel sesto spazio intercostale sinistro del suo ex fidanzato. Un grido strozzato, l’emorragia è imponente e la morte quasi immediata. Nel fuggi fuggi generale Maddalena rimane immobile per qualche istante, poi va a costituirsi.

I fatti sono chiari e bisogna solo aspettare i tempi tecnici per ottenere il rinvio a giudizio di Maddalena con l’accusa di omicidio volontario e porto di coltello di genere vietato. È il 30 maggio 1932.

Il dibattimento si tiene il 31 gennaio 1933 ed emergono subito chiare le figure morali dei due protagonisti di questo dramma. Per quanto la Parte Civile si sforzi, non riesce neanche a scalfire l’onorabilità dell’imputata. È un coro unanime di tutti i testimoni escussi, niuno escluso, nel ritenere la Martino una ragazza buona ed onesta sotto ogni riguardo. La Parte Civile non si limita a questo, ma cerca anche di adombrare l’onestà dei componenti la sua famiglia, ma pure questo tentativo ha lo stesso risultato, tranne per una sorella che però i genitori scacciarono di casa appena ebbero sentore della sua condotta poco corretta.

Ma se anche tale insinuazione fosse risultata vera, non per questo la figura morale della Martino sarebbe stata compromessa, anzi avrebbe avuto diritto ad un’ammirazione maggiore perché avrebbe saputo resistere alle inevitabili tentazioni; avrebbe, come suol dirsi, superata la prova del fuoco mantenendosi casta e pura in un ambiente di corruzione in cui, per necessità, doveva vivere.

Angelo Lombardo, al contrario, viene descritto come un giovane dedito al vino, con un debole speciale per le donne. Affermano ciò tutti i testimoni e lo stesso suo padre Gennaro, il quale lo definisce “avventuroso” ed accenna ad una condanna per adulterio riportata dal figlio. Ma nei rapporti con la Martino ha dimostrato di avere un animo malvagio perché, a parte le lusinghe, il tradimento e l’abbandono del proprio figlio, quando suo padre lo rimproverava per le relazioni con Maddalena, non ebbe ritegno di rispondere che non era il caso di preoccuparsi perché era una pubblica prostituta ed ogni volta che se ne era servito, l’aveva pagata.

Ma, secondo i testimoni che si susseguono al banco, Angelo andò anche oltre in questa infame calunnia in quanto, mentre era in corso d’istruzione il procedimento per violenza carnale a suo carico, andò in cerca di testimoni falsi promettendo loro mille lire se avessero deposto che anch’essi avevano goduto i favori di Maddalena.

Proprio una brutta storia, ma adesso per la Corte è il momento di riordinare le idee ed emettere la sentenza.

Giustizia ed umanità esigono che la sorte della imputata sia vagliata con grande benignità in relazione ai precedenti di fatto, alla causale ed al momento in cui il reato venne commesso. Questa è la premessa che fa il Presidente della Corte, che continua: questa benignità però non può giungere al punto di contorcere la legge escludendo completamente la responsabilità per vizio totale di mente, come aveva chiesto la difesa. Facendo ciò si verrebbe a riconoscere nel privato cittadino con la piena capacità d’intendere e di volere, il diritto di uccidere il proprio simile, il che la vigente legge penale espressamente vieta, tranne che non ricorra il caso di legittima difesa.

Indubbiamente Maddalena Martino ferì in un momento di grande eccitazione determinata dal vedere che l’uomo a cui tutto ella aveva dato, aveva sposato un’altra ragazza. Se ciò non può revocarsi in dubbio, ne consegue che fu la passione che la spinse ad agire e quindi non può godere del beneficio della semi infermità mentale.

Ma, comunque, è certo che la sua responsabilità va di molto attenuata.

E qui la Corte cala una carta a sorpresa: devesi ritenere che trattasi di omicidio preterintenzionale perché, data la fulmineità del colpo, la instabilità del bersaglio, la poca fermezza della mano che impugnava l’arma sia per la grande emozione da cui in quel momento l’imputata era pervasa, sia per la debolezza insita nella natura delle donne, nonché l’eventualità, quasi certa, di essere trattenuta o di ferire qualche altro dei numerosi presenti alla scena, devesi escludere che abbia voluto la soppressione del Lombardo, anche perché le sarebbe stato impossibile, per le circostanze peculiari del momento, indirizzare il colpo ad un organo vitale. Ella, invece, volle dare una lezione al vile traditore e nel contempo mettere in guardia la novella sposa sulla malvagità dell’uomo che aveva scelto a compagno della sua vita e se il destino ha voluto conseguenze più gravi, non può, né deve risponderne l’imputata.

Dopo questa, nuova, ricostruzione del momento topico, è logico concederle l’attenuante della provocazione e l’attenuante di avere agito per motivi di alto valore morale, volendo difendere l’onore suo e quello di suo figlio.

Maddalena Martino viene dichiarata colpevole e, fatti tutti i calcoli, la pena viene determinata in 4 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione, più pene accessorie. Ma Maddalena può godere dell’ultimo indulto emanato e le vengono condonati 3 anni della pena.[1]

È il 31 gennaio 1933 e Maddalena Martino deve ancora scontare, per tornare in libertà, 5 mesi e 21 giorni di reclusione.


[1] ASCZ, Sezione di Lamezia Terme, Sentenze della Corte d’Assise di Cosenza.

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